La Società Operaia del compromesso
Le difficoltà economiche e sociali del periodo bellico e del dopoguerra rinsaldarono la politica interclassista di Terenzio De Cicco, tanto che, verso il ‘19, la Società Operaia poteva contare su un’adesione di quasi 400 confratelli e vedere presenti in ogni seduta settimanale non meno di sessanta soci.
Gli ordini medi che avevano costituito il gruppo dirigente dei primi tempi ora lasciavano spazio ai tirapiedi dei galantuomini o agli stessi galantuomini. La mentalità è ormai diversa, perché diverse sono divenute le fortune sociali.
Il potere economico dei galantuomini, proprio perché parassitario, niente ha avuto da guadagnare dalla guerra. I contadini, pur attraverso una via disgraziata, hanno allargato i propri orizzonti e ampliato le capacità di difesa dei propri interessi. Ora chiedono un trattamento diverso e lo fanno a muso duro abituati alla violenza della guerra. Diversamente sono pronti a emigrare.
I prezzi aumentano e gli artigiani si fanno pagare a dovere. Nuove ricchezze giungono dall’America e intere famiglie abbandonano i campi, le case malsane e il fatalismo.
I galantuomini, meno forti e meno ricchi, hanno perciò una sola via di uscita: mantenere la roba e la direzione amministrativa (che ora diventava col fascismo anche politica), non facendo inizialmente più leva sul dominio, ma cercando un consenso mediato dal paternalismo “alla don Luigi Amantea”.
In ciò sono aiutati, non tanto da quanto accade in questo periodo in Italia, ma da un atteggiamento diffuso tendente al “particulare”: ognuno ha tanti problemi, ha da sbarcare il lunario.
Anche i poveracci pensano di essere tutti nella stessa barca. Una volta Antonio Pino era stato assistito per solidarietà di classe, ora l’assistenza è tutt’al più dei familiari e, quella pubblica, è clientelare e pecuniaria e ognuno pensa ai casi suoi. Prima l’ideale poteva convogliare e accendere tante coscienze, ora la concretezza dei problemi quotidiani, riduceva tutto a un immediato e a volte meschino tornaconto.
Nei primi del secolo, molti confratelli erano partiti, certamente per fare qualche soldo, ma con l’intento di ritornare, battersi e rinnovare una società che li spingeva a emigrare. Vivevano col mito della piazza da rivedere e da ripulire dai parassiti che vi passeggiavano al vespro. Ora è tutto diverso.
Spesso non parte più il capo famiglia, ma tutta la famiglia e non raramente senza alcuna intenzione di tornare. Pensano a se stessi, a mettere radici altrove e chiudere col proprio passato paesano. Se tornano, non hanno ideali da difendere: comprano o edificano case, acquistano terra, fanno sfoggio di denaro. Sono rozzi, con la stessa mentalità dei loro antichi padroni; c’è insomma la corsa all’uguaglianza, quella puzzolente che misura l’uomo con le cose.
Il nuovo ricco vuole essere uguale all’antico padrone e contare come lui; il ricco decaduto deve essere uguale a chi potrebbe ritenerlo un avanzo sociale.
La Società Operaia di questo periodo è l’organizzazione che agevola quest’uguaglianza del denaro, mettendo insieme antichi e nuovi interessi, vecchie e recenti presunzioni.
Ai vecchi e pochi confratelli idealisti, restati in paese, si associa ora la maggior parte della popolazione, tutti disorientati nelle intenzioni e senza l’ardore di una volta, sazi della parità sociale che si va manifestando[1].
Questi lavoratori sono in concreto, lavoratori nuovi, non solo perché è nuovo e più sviluppato il loro ambito, ma perché il loro lavoro è sentito come una necessità, non come una condanna.
Essi vivono sapendo che il conflitto mondiale ha chiuso bene o male un’epoca e che, in ogni caso, s’è creato un enorme spazio alla loro intraprendenza, con un’entusiastica capacità d’urto con ciò che resta della vecchia società. Si sentono forti, capaci, più amati perfino da Dio, che vanno a ringraziare nelle messe e nelle novene sempre affollate all’inverosimile.
Ai loro occhi, ciò che conta è che adesso “possono”. Il processo è maggiormente evidente in quelli che una volta erano gli strati più poveri e arretrati della cittadinanza. Nessuno di loro è nella condizione irreversibile di “turreri” o semplice bracciante. Sono contadini che pagano un canone o gestiscono con una certa indipendenza la terra dei padroni. Sono usciti dall’isolamento e pronti a inserirsi nell’artigianato, nel commercio o, come succede spesso, lavorano da manovali nei lavori pubblici o privati, che quasi frutto della guerra, stanno creando nuove situazioni nel paese o nelle vicinanze.
Il contadino di una volta non esiste più. Molti sono già stati in America o progettano di andarci a breve scadenza. Sono insomma tutti pervasi dallo spirito di cambiamento, dall’idea che in un modo o nell’altro “ce l’hanno fatta”.
Il tipo di emigrazione che si sviluppa in questo periodo è proprio il segno dei tempi.
Nella società si coglie il magma collettivo, pieno di aspirazioni e di risentimento, l’irrazionalità di una crescita improvvisa e disordinata il cui svolgimento ed esito si mostreranno ben presto, antiprogressivi e antidemocratici.
[1] L’elenco, suddiviso in mestieri, è adeguatamente sufficiente per esaminare la composizione di questo ormai enorme sodalizio:
Artigiani e assimilati: Albo Giovanni (commerciante), Albo Gioacchino (calzolaio), Amantea Gioacchino (commerciante), Albo Achille (calzolaio), Ambrosio Antonio (commerciante), Bennardo Alfonso (falegname), Fontana Giuseppe (sellaio), Ferraro Pasquale (falegname), Falsetti Francesco (calzolaio), Gagliardi Francesco di Giovanni (fabbro), Iacoe Pasquale (sellaio), Iacoe Amedeo (sarto), Malito G. Battista (barbiere), Mauro Pasquale Nani (calzolaio), Pasqua Francesco (stagnino), Pucci Michele (negoziante), Rose Michele (falegname), Silvagni don Benedetto (commerciante), Saccomanno Gabriele (calzolaio), Vercillo Raffaele (mugnaio), Fiorino Pasquale (fabbro).
Lavoratori in proprio: Anselmo Antonio di Francesco (bracciante), Anselmo Giuseppe Giaccaro (mulattiere), Anselmo Angelo (manovale), Albo Amedeo (muratore), Anselmo Giovanni fu Giuseppe Pinnifia (manovale), Albo Giuseppe fu Antonio (muratore), Anselmo Giovanni fu Gaetano (bracciante), Anselmo Serafino (bracciante), Angotti Giuseppe (bracciante), Amantea Pasquale (muratore), Bruno Pasquale Michele (bracciante), Bifano Emilio (manovale), Bruno Agostino (postino a cavallo), Bombino Michele (bracciante). Catulli Enrico (muratore), Colistro Francesco Picecu di Giovanni (manovale), Cincinnato Francesco (bracciante), Cuzzetto Francesco Casello (appaltatore), Castrigiano Matteo (bracciante), Falcone Aurelio (muratore), Falsetto Giovanni (manovale), Funari Luigi Scioscia (muratore), Ferraro Vincenzo (mulattiere), Gallo Francesco (guardia municipale), Giardino Giuseppe (bracciante), Giardullo Giovanni (bracciante), Malito Pasquale (bracciante), Notti Giovanni (manovale), Potestio Francesco (bracciante), Potestio Vincenzo (bracciante), Saccomanno Pietro Ngriglia (muratore), Sdao Amedeo (mulattiere), Stilla Michele (bracciante), Sicolo Francesco Prefetto (bidello), Vetere Giuseppe (muratore), Vetere Fortunato (muratore), Bruno Bossio Francesco (bracciante).
Contadini piccoli proprietari o affittuari: Anselmo Carlo, Anselmo Francesco, Albo Napoleone, Bennardo Carmine, Benincasa Raffaele, Bossio Serafino, Brescia Vincenzo, Bombino Pasquale, Caria Raffaele, Copelli Francesco, Colistro Francesco, Costantino Vincenzo, Cuzzetto Giuseppe, Caria Antonio, Cuzzetto Pasquale Casello, Colistro Giuseppe, Filice Giuseppe, Fata Luigi, Fata Giuseppe, Guerriero Pietro, Guercio Luigi, Giardino Pasquale, Giordano Raffaele, Iacino Pietro di Giov., Mauro Pietro, Mauro Angelo Pasquale, Maio Antonio, Miniaci Raffaele, Mauro Francesco, Magnone Raffaele, Mantello Giuseppe, Mauro Pasquale, Malito Francesco, Nigro Nicola di Michele, Pagnotta Francesco, Potestio Raffaele, Pietramala Agostino, Rocchetti Saverio fu Vincenzo, Russo Salvatore, Veltri Giovanni, Vecchio Antonio, Veltri Filippo, Vecchio Michele.
Simpatizzanti: Notti Mario (guardia municipale), Notti Venturangelo (maestro elementare).
Altre categorie, precari: Amantea Giuseppe, Albo Enrico, Albo Giovanni, Cozzetto Rosario, Converti Luigi, Cozzetto Pietro, Ferraro Antonio fu Francesco, lacoe Antonio Maria, lacoe Francesco, lacoe Alessandro, lacino Giuseppe, lacoe Peppino di Saverio, lacino Francesco, lacucci Alfonso, Maio Francesco (fu Francesco), Maio Francesco (fu Pasquale), Maio Raffaele, Mauro Filippo, Mauro Giuseppe, Nigro Francesco, Niccoli Giuseppe (fu Francesco), Niccoli Pasquale (di Antonio), Notti Pasquale, Notti Michele, Potestio Francesco (di Antonio), Saccomanno Antonio, Veltri Giuseppe.
06-03-2011
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