Simeone

Simeone

 

Predicherò, compagni,

un’ultima volta. Un cammino.

Che vuole la gente?

Parole per l’ultima volta.

 

Allora ascoltate

la storia d’un tempo.

 

Simone

era nostro

fratello.

 

Egli nacque e vide da sempre

nata

col mondo ed immota

la sacra colonna

dei padri.

 

Oh colonna, oh miseria,

oh battista di pietra, Giordano!

 

Simone pensava:

se è morta per tutti,

nella notte che adombra,

abbatterla è bene!

 

Ma è la voce che chiama!!

 

Nel buio la vide e la luna

dissero: è l’edera, il sangue

che aspettano te, fato, pensiero.

 

Simone non vide l’eterno

per le strade degli altri

mortali; di peggio:

lo sparso terrore.

 

E Simone si portò nelle terre

dove canta la sabbia e le fila

di povera gente in cammello.

 

Predicò

e profeta padrone

dei lunghi misteri dal largo

linguaggio terreno,

lumeggiò le parole

e distinse.

 

Laggiù

la colonna

attendeva.

 

Simone alla folla plaudente

soffriva.

Guardava gli altari blasfemi

e nuovi sorgevano dei.

Sentiva, il mondo pesargli

e il mondo appena sapeva.

 

Sognò una sera d’autunno

e vide compagni guardarlo

con zanne e rancore

 

Allora,

la colonna taceva e si disse:

io torno prostrato.

Fu là, profeta redento,

e salì al suo romitorio.

 

Gli uccelli scappavano in cielo

nel loro grazioso garrire.

Simone gioiva e li vide

immoti al freddo, ai fanciulli

che tendevano, in gioia, i laccioli.

 

Simone osservava le spoglie

che accoglieva la terra

e pur sempre

ognuno cantava e moriva.

 

Una notte Simone cantò,

una notte tranquilla, alle stelle:

era pianto,

era gioia,

era vita.

Dominò la distesa del tempo.

 

Giunse il giorno

e fu come sperava.

Seguaci sdegnati;

ridevano i ragazzi

lanciando sterco e parole.

 

Così come atteso,

piovve d’inverno

e da sempre

in estate

il sole scaldava le pietre.

 

Simone rimase

e non venne

mai

giù.

 

Fratelli

è il cammino

e Simone

lo fece.

 

01-11-2011

 

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