Saggio critico-letterario
Il romanzo “unisex” nella figura del lettore esterno
in Brunella Gasperini.
SAGGIO CRITICO-LETTERARIO
di
Maria Francesca Iachetta
Introduzione
Brunella era giornalista e scrittrice. Quante di noi e soprattutto le nostre mamme sono state accompagnate, nella crescita, dai romanzi di Brunella Gasperini:
L’estate dei bisbigli
Sono ormai in pochissimi a ricordarsela perché i suoi libri non hanno mai raggiunto il grande pubblico, quello della letteratura di richiamo. Era considerata una scrittrice non di primo piano, dal momento che teneva la posta del cuore, tra l’altro con grandissimo successo, su Annabella e quindi il suo era bollato come giornalismo rosa. I suoi romanzi: inevitabilmente romanzi rosa.
In tutto questo l’amore per la natura, la musica, gli animali, in particolare i suoi compagni gatti, ed il valore dell’essere e non dell’apparire passava in sordina. Si tratta di tematiche banali? Di semplicità? È stato proprio questo il grave errore della critica ufficiale, una critica altera e contegnosa che, salvo pochissime eccezioni, ha accantonato il suo best seller, Una donna e altri animali, neppure apparso nelle classifiche dei giornali, etichettandola come ideatrice di secondo ordine, il che può essere identificato in una serie di sintomi di mancato rispetto, nella cultura di base, verso la realtà femminile, e nell’incapacità dei lettori-uomini italiani di entrare in una realtà diversa, quella del mondo delle donne. O per farla breve, basterebbe sostenere che è semplicemente vissuta in un’epoca sbagliata? Daniel Pennac diceva, in “Come un Romanzo “, che siamo abitati da amici e da libri. E chi legge i suoi romanzi, uomo o donna che sia, adolescente o adulto che sia, può sostenere che l’introiezione è avvenuta piacevolmente.
L’attualità sociologica ne “L’Estate dei bisbigli”
La sua è una grande capacità narrativa, insomma maestra nel descrivere sentimenti con partecipazione e allo stesso tempo con realismo, la si evince dal romanzo L’Estate dei bisbigli. Vorrei che per un attimo si pensasse alla capacità di Brunella (perché è così che mi piace chiamarla, d’altronde quando si legge il suo romanzo viene subito voglia di andarla a trovare a casa magari per chiacchierare un po’) di condurre un lavoro di indagine sociologica. Certo si può rimanere sconcertati da questa affermazione: un libro sociologico con riferimenti spiritosissimi, ironici dietro ai quali si celano dolori e angosce? Direi di sì, ma se si scrivono libri di sociologia per vincere una cattedra o un concorso allora sto farneticando. Io invece ammiro chi della vita fornisce le rappresentazioni più semplici dei processi sociali. E l’analisi di questi fenomeni? Ovviamente spetta al lettore. La chiave di tutto ciò sta nell’effetto “leggerezza”, non in senso dispregiativo come molti critici lo intendono, che l’autrice produce sui lettori, effetto che non si dissolve nemmeno dopo ripetute letture. Questo ci insegna bene Italo Calvino ossia una ricerca senza fine della leggerezza data “l’insostenibile pesantezza dell’essere”. L’emozione del lettore è incrementata dai rapporti di corrispondenza che si stabiliscono con la realtà, per cui ciascun fruitore, dopo essersi per così dire divertito, riflette a distanza, ovvero nel tempo e nelle varie e diverse circostanze della sua vita, proiettando su se stesso le esperienze vissute nella pagina del libro:
«…Dario si tolse il berretto…Il suo attaccamento alle cose terrene era radicato e profondo com’era profondo l’abisso di incomprensioni, d’orgoglio e di vergogna che lo separava dalle persone. Per questo forse amava tanto le bestie. Alle bestie non importa se sei figlio di un delinquente, se tua madre ha un amante, se tu sei un teppista o un martire; le bestie non ti chiedono generalità, e che cosa fai e da dove vieni, ti chiedono soltanto una mano leggera, una voce amica e un po’ di pietà. E se curandole fai loro un po’ di male, ti perdonano».
Il romanzo trasmette al lettore tutte le competenze necessarie per costruire il proprio “lettore modello”. Alla fine, quel “lettore modello” che sembra uscire da L’ Estate dei bisbigli somiglia un po’ alla stessa Brunella che ci riporta indietro nel tempo fino agli anni Cinquanta. Tuttavia, non è un romanzo datato, è tuttora attuale perché ha saputo conservare intatti i suoi caratteri commoventi e divertenti, emozionanti e intensi, senza perdere nulla della drammaticità delle situazioni, della grazia sottile dell’umorismo e della realtà di un’atmosfera che nella sua essenza non sembra essere molto diversa da quella del nuovo millennio. Così si passa dalla drammaticità dell’inquietudine profonda in personaggio come Elena che, in preda alla follia causata dalla gelosia verso l’altra donna Tessa, tanto amata da Giuliano, e provocata anche dalla paura dell’attesa inaspettata di un bambino, fino a giungere, con gentilezza e semplicità, ad un momento risolutore che fa anche divertire per la sua ironia:
«….Dario, che stava immobile sulla sedia a sdraio, col berretto abbassato sugli occhi, alzò bruscamente la testa, con l’impressione che qualcosa lo chiamasse. Non una voce, ma qualcosa di molto più potente e oscuro. Vide la rivoltella nella mano di Elena, e l’odio negli occhi di Elena. Un grido rauco, incontrollato e implorante gli uscì dalle labbra: Tessa! Prima di rendersi conto di quello che stava accadendo, i ragazzi videro il lungo corpo sonnolento di Dario scattare in avanti, superare la faccia intontita di Giuliano e piombare su Tessa come un felino sulla preda, buttandola a terra. Il rumore del bicchiere che s’ infrangeva fu coperto dal fragore secco della detonazione, e il berretto blu rotolò per terra nello stesso istante in cui Elena lasciava cadere con orrore la rivoltella, buttandosi contro la baluastra».
E così, dopo la tragedia sfiorata, la rivoltella, dalla quale è venuto fuori lo sparo, può essere considerata come l’oggetto mediatore, ovvero quel mezzo che ha permesso di far esplodere l’angoscia e il tormento nel momento culminante del romanzo e che ha concesso il passaggio dal culmine dell’inquietudine alla fase risolutrice:
«…erano passati solo pochi secondi dallo sparo. Ma in quei pochi secondi l’estate dei bisbigli era finita, e molte altre cose insieme: la crisi si era risolta in una specie di incredulo risveglio, e quei cinque desideravano soltanto andarsene al più presto, lontano da quel terrazzo, lontano dalla villa maledetta e dagli stranieri. E invece adesso bisognava dare delle spiegazioni…».
E così le spiegazioni furono le seguenti:
«Rispondete! disse Nicola Gani digrignando i denti. Cos’è stato quello sparo? Dario tirò un lungo, profondo sospiro. Poi, inaspettatamente, sorrise. Stavamo giocando agli indiani, disse».
Trattasi di un ritratto di intemperie della vita, un misto di passato, futuro, dolori, amore, fiorito di uno spensierato lessico familiare, sorretto da quella vena che non ha mai abbandonato Brunella, cioè l’ironia:
«…Stavamo giocando agli indiani, ripeté Dario, e non parlava soltanto a loro, ma anche ai tetti di Toscano e alle piante dei giardini. Indiani, capito? Con un certo disorientato rispetto, ma anche con un notevole sollievo, il fronte unico annuì. E adesso filate! disse Dario. Era stufo di averli tra i piedi. Via, partenza. Sciò! e fece un gesto, molto stile veterinario, come per scacciare delle galline».
I giovani protagonisti della vicenda non sono poi tanto diversi dai giovani odierni. È un romanzo spiritoso, e al contempo sofferto, che traccia un ritratto in linea con se stessa e, come scrisse nel suo best seller. Una donna e altri animali, gradualmente riuscì ad uscire dalla letteratura marchiata femminile per entrare nella dimensione della letteratura “unisex”.
Sinuosità nella fruizione del lettore
Si parla sempre di lettore ideale interno, ossia l’immagine di lettore che il narratore ha nella mente. Ma esiste d’altra parte la figura del lettore esterno, ossia l’immagine di lettore in carne ed ossa che poi viene anche statisticamente classificato in categorie sociologiche di lettori, divise per fasce di età, per lavoro, interessi, hobby e quanto altro di simile. Ne L’Estate dei bisbigli il lettore ideale interno di Brunella, ossia il lettore a cui lei idealmente si rivolge, ha una caratteristica precisa che mi sembra risalti su tutte le altre, quale la femminilità, l’adolescenza, ovvero quella dell’amicizia come quando il lettore si immedesima nella vicenda dell’infanzia di Tessa e la vuole proteggere:
«…A volte stavamo tutti e tre in questa stanza, per delle ore, e nessuno parlava. Ma l’odio, il disgusto e la disperazione che c’erano nell’aria erano come urli. Tutta la casa ne era piena. Nel silenzio che seguì, parve a Tessa di sentirli ancora quegli urli, come se fossero stati rinchiusi lì per vent’anni. Forse non si sarebbero mai spenti. Dov’ero io intanto? si chiese. Forse dormivo in una culla di sopra. La prese una terribile pietà di quel piccolo essere solitario che lei doveva essere stata, di quel povero fagotto di pochi mesi che cresceva ignaro tra l’odio e il disgusto. Nessuno aveva pensato a lei…».
È un ritratto di donna di fronte agli stati perturbatori della vita, in cui presenzia l’amore per il prossimo e per gli animali (ci sono pagine sugli amati cani, degne di Colette, la madre francese di Tessa, e degne di Dario, personaggio sofferente che conserva, nel cassetto del suo comodino, la fotografia del suo cane insieme a quella del suo amore non corrisposto ossia Tessa).
Si tratta cioè di un lettore, che si accompagna alle peripezie del narratore con un atteggiamento di ironica fiducia, di protezione, di divertimento condiviso, di cameratismo giovanile: non è un lettore che è pronto a giudicarti con un approccio ‘critico-letterario’, anzi segue con partecipata complicità:
«…Sì, Dario li vedeva benissimo. Tutti coi loro sogni alle spalle, tutti con le radici ben salde nel terreno delle convenzioni, e pronti a buttar la croce addosso a chiunque avesse l’aria di minacciargliele. Gli pareva di sentire i loro discorsi, le frasi fatte, i bisbigli. Per un momento pensò che gli sarebbe piaciuto schiacciarli, umiliarli, darli in pasto ai bisbigli che fermentavano là sotto. Ma con la mano di Tessa stretta nella propria, sapeva che non doveva farlo. Non era col rancore che avrebbe conquistato un futuro bello e pulito per sé e per lei. Ci voleva pazienza».
Brunella parla a questo lettore, che così non si sente mai solo; si presuppone quindi un lettore-amico, un compagno di avventura, un ascoltatore fidato. Ciò è confermato dal fatto che la voce narrante, a dispetto delle regole della narratologia, non si distingue spesso da quella dell’autore, il quale a volte oltrepassa la maschera dell’io narrativo, al contrario sembra proprio che sia lei a narrare:
«…Senza smettere di osservarlo, Tessa gli si avvicinò. Giuliano l’afferrò per i polsi, e il profumo di pelle e di capelli bagnati travolse ogni cosa, perfino il passato, perfino il suo stile da grande amatore, perfino l’idea degli amici che aspettavano il resoconto. I baci piovvero sulla gola indifesa di Tessa, sulla sua spalla, sul suo orecchio……».
Il risultato è che il lettore mentre legge pensa a lei, a Brunella stessa come donna e non solo come scrittrice: è il lettore complice che instaura un dialogo con l’amico. Siamo al di là del letterario, nel post-moderno, eppure è un’autrice del secolo scorso, in cui ci si può muovere così liberamente da poter fare abbracciare l’autore e il lettore, al di fuori della narrazione stessa, grazie anche ad una prosa duttile, fluida, scorrevole e prensile, e in fondo giocosa, per niente trasgressiva, prerogativa, questa della trasgressività, ormai necessaria per imporsi su un pubblico d’élite. L’incontro tra l’autore-amico e il lettore-amico avviene al di fuori della pagina letteraria facendo penetrare la narrazione nella vita e facendo entrare la vita nella pagina. Una realtà che non vuole per nulla scandalizzare, bensì affermarsi con la sua apparente semplicità. Proprio per questo l’autrice si riferisce a un lettore innocente, giovanile (anche se solo nell’anima) e insoddisfatto dalle norme. Comunque, l’intento non è lo scandalo ma rappresentare la vita, che è sempre presente, attraverso un linguaggio recettivo al primo acchito per la sua semplice fluidità, il suo timbro leggero, allegro, disincantato.
Queste apparenti facilità, queste immagini morbide e piacevoli all’animo del lettore, hanno però un’altra caratteristica: si tratta di un linguaggio narrativo che ha la flessuosità dei movimenti del corpo, ovviamente quelli emotivi del fruitore:
«…nonostante l’etichetta sulla fronte, la faccia di Tessa, in quel momento, era la faccia di un angelo. È facile essere angeli quando se ne ha l’aspetto e la voce, quando si hanno miti occhi azzurri e un dolce sorriso, e una casa con vasi di fiori e cornici dorate, e caste sottovesti. Ma quando non si ha mai avuto niente altro che una madre amara e disfatta, e reggipetto e squame d’argento, e una bellezza da copertina, e un lungo vagabondaggio tra i riflettori e la solitudine e l’ingordigia, allora è molto più difficile essere angeli. Pure lei ci riusciva. Dario non aveva mai visto un angelo più angelo di lei. E adesso sapeva che non è l’etichetta sulla fronte quella che conta…».
Conclusioni
La genuinità e la semplicità dello scrivere sono state spesso prerogative femminili di una società maschilistica che ha così relegato autrici della portata di Brunella in un cantuccio silenzioso. Noi viviamo in una società in cui tutto è messo in discussione e sarebbe opportuno rimettere anche in discussione i suoi romanzi, come L’Estate dei bisbigli che ormai è introvabile, per dare l’opportunità, a chi non abbia ancora avuto modo di imbattersi nell’instancabile viaggio della lettura, di lasciarsi tentare da una letteratura in grado di suscitare nel lettore di ieri come in quello odierno nonché in quello futuro una dimensione di arricchimento del binomio letteratura-vita non quantificabile né misurabile. Mi soffermo sul lettore-futuro, quel futuro tecnologico ed informatico di cui Calvino ha più volte inteso come una minaccia nel timore di sostituire l’autore. Dobbiamo quindi dare fiducia al futuro della letteratura perché ci sono emozioni che essa può dare grazie all’utilizzo di mezzi quali per l’appunto la leggerezza e non solo. Potrebbe sembrare in contrasto con quanto sostenuto da Paolo Volponi nel definire il lettore colui il quale ha il compito di accostarsi all’opera come uno studioso che deve superare le difficoltà date dalla complessità dei personaggi, dalla difficoltà della lingua e delle situazioni. Ma allora cosa penserebbe Volponi di un romanzo come questo, scorrevole, semplice, insomma “facile”? Sono convinta che si debba andare oltre la forma, oltre il contenuto e cogliere, al di là di tutto ciò, la purezza e la genuinità del messaggio che ogni lettore percepisce in maniera diversa:
«…Dario vide gli occhi della mamma illuminarsi……Adesso c’era una cosa urgente da fare. Una cosa che desiderava fare da dieci anni, e non poteva più rimandare neanche di un minuto: sedette ai piedi di sua madre e le mise la testa sul grembo. Al di sopra delle mani sciupate che gli accarezzavano i capelli, la vecchia pendola parlava. Ma non diceva più le stesse cose. Parlava di un paese dove non c’erano soltanto bisbigli, ottusità e vergogna, ma profili di colline tranquille, e fruscii di vecchie piante, e un pigro cielo; dove c’era il suo lavoro, e il suo amore, e la sua nuova pazienza».
Ed è proprio questo uno dei punti focali. Nella sua semplicità e fluidità si possono cogliere molteplici e concatenati messaggi come nella poesia ripresa dall’Antologia di Spoon River di L. Masters, nella traduzione di Fernanda Pivano:
«Il fiore della mia vita avrebbe potuto sbocciare da ogni lato / se un vento crudele non avesse intristito i miei petali / dal lato di me che potevate vedere dal villaggio. / Dalla polvere io innalzo una voce di protesta: / voi non vedeste mai il mio lato in fiore! / Voi che vivete siete davvero degli sciocchi / voi che non conoscete le vie del vento / né le forze invisibili /che governano i processi della vita».
Quindi usciamo dal luogo comune che l’abbandono del lettore-amico al testo non è affatto una peculiarità del lettore ingenuo e sprovvisto di strumenti di analisi critica ma può anche essere prerogativa del critico più arguto tralasciando così ogni pregiudizio per un’aperta fruizione non solo della lettrice eppure del lettore.
Le vie del vento
Fanali gialli
Le note blu
Le ragazze della villa accanto
Ero io quella
Rosso di sera
I fantasmi nel cassetto
Luna straniera
A scuola si muore
Il buio alle spalle
Grazie lo stesso
Una donna e altri animali
05-03-2011
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