Per quanto riguarda Raffaele Paolo Saccomanno, Storia sociale del Comune di Grimaldi (1905-1925):
– Luigi Bilotto, La provincia di Cosenza, Santelli, 1996
– AA. VV., Storia della Calabria Moderna e contemporanea, Tomo 2. Gangemi 1997. Francesco Volpe, La Calabria nell’età liberale: politica e cultura, pag. 606;
– Malvina Garofalo, Itinerari turistici e agrituristici, Com. Montana del Savuto, 1999;
Per quanto riguarda Le vie del vento:
Contrappunto
di Franco Rose
Ho voluto coordinare il convegno sulla presentazione del libro “Le vie del vento” del prof. Raffaele Paolo Saccomanno per diversi motivi. Conosco Raffaele da sempre, la mia adolescenza è stata vissuta con lui nella “Cava dei Chiurani” e per questo, mi sento di affermare che Raffaele, pur non appartenendo ad alcuna religione, è uno degli uomini più religiosi che abbia mai conosciuto.
Nella sua poesia, poesia colta, forte, erudita c’è quasi tutto. In questi versi che coprono un arco di tempo e di tempi-1965/85 – c’è tutto sulla nascita, tutto sull’amore, tutto sul desiderio, sulla paura, tutto sulla speranza. I suoi versi, ossimori apparenti, sono dei macigni vanno prima al cervello e poi al cuore.
Il Poeta usa il “Logos” come Kubrik ha utilizzato la macchina da presa: versi che scavano, penetrano e lasciano senza respiro, versi fallici, dolci, violenti rabbiosi che ti fanno pensare.
Raffaele ha una vasta cultura, si è formato su Max Weber, conosce Marx e Freud, ha un’adleriana “volontà di potenza” e vive una costante ricerca della religiosità nello spazio-tempo, come Jung, il quale diceva :
“Dio è un grande cerchio il cui centro è ovunque”.
Il suo impegno politico-sociale, la sua rabbia per le ingiustizie, il suo pessimismo lo portano ad avvicinarsi a Wilhelm Reich, quello che parla della “trappola sociale” e della ”peste emozionale” e “dell’uccisione di Cristo” come dramma dell’umanità. Raffaele, tuttavia, riesce a “fare un passo indietro prima dell’abisso”, perché vuole continuare a vivere, a ricercare a credere, a trovare la via o le vie anche del vento.
Quel vento sempre presente nell’inconscio collettivo dell’umanità: “l’uomo che muore si trasforma in giaguaro la donna che muore va nel vento” (Levi-Strauss).
Vento e venti, non solo scontri di gradienti termici nei vari strati dell’atmosfera, ma fohn, zefiri, aurore che diventano Dioniso, che non si fanno vedere ma che producono effetti a volte nostalgici, a volte impetuosi o malinconici, venti che sopra tutto si fanno sentire e che consegnano il carapace alle vie, alle dune del mondo, lì dove aspetta Apollo per farlo diventare lira, cetra, sussurro….
Ecco un aspetto della poetica di Saccomanno: la sua grande teatralità nel senso pieno e classico del termine, autore ed attore del suo dire, per sorprenderci, per farsi accettare, amare e, quindi, continuare a vivere
Aspetto fiducioso i suoi prossimi versi che certamente ci diranno quanta altra terra è stata dissodata nella vigna dell’esistenza.
23-06-2014
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