Lev Tolstoj: Sofija Andreevna
Gli ultimi quindici anni della vita di Tolstoj furono un deserto totale, assoluto, incommensurabile. La più cupa desolazione regnava in ogni suo attimo e gesto. Viveva da disperato. Lou Salomè che lo incontra annota con la solita precisione: “Nella grande casa appariva solitario, come fosse completamente e profondamente solo in un mondo estraneo, del tutto estraneo”.
Un genio che resta senza mondo è un fatto naturale, perché ha il “suo” mondo. Ma lui rifiutava il mondo fittizio e certo, per un mondo reale concreto, profondamente odiato, ma a cui si sentiva pietosamente legato.
Non aveva più famiglia, ossia l’aveva solo formalmente. Una moglie stupida ed ossessiva, che lo spiava e lo sprofondava in un abisso di vuoto, lacerando una famiglia di per sé già poco cordiale. Nella sua casa si era creato il partito del padre e il partito della madre e ogni figlio si scagliava contro l’altro.
Tolstoj era caduto in una passività incredibile: a lui non interessava nulla proprio perché viveva delle stesse idiozie della “casa” e ne era succube. Il suo sguardo duro, pesante o perduto in parole che non sapeva pronunciare più.
Era solo e soltanto solo. Un uomo che aveva reso immortale un’epoca, un genio che tutti ammiravano, una persona che non si era fatto mancare nulla, giaceva stremato. Lo distruggeva lentamente l’ostinazione. Aveva scelto l’immaginazione. Ora correva e ripercorreva solo illusioni: una famiglia che avrebbe voluto come suoi personaggi, un dio che avrebbe voluto a sua immagine, una società disponibile a diventare anarchica.
Per indole era stato sempre per le cause perse ma ora non voleva accettare la sua causa persa. Sono scelte che bisogna pagare, sono sprechi che ti portano a vedere tutto un fallimento, anche quella stessa vita che, fattasi arte, aveva reso il reale fuori dal tempo.
L’arte è per pochi e ne devono godere pochi. Tolstoj cercava di fare del mondo il contrario di quello che aveva sempre pensato: un’opera d’arte. Ostinazione: se Dio aveva fallito, e l’aveva scritto più volte in tutte quelle pagine di cristianesimo inventato, egli voleva ricreare correttamente l’esistenza. Io sono Tolstoj e voglio che tutto diventi tolstojano. La superbia si ingigantiva con le continue sconfitte. Ma non si può essere diversamente quando si ha la mente capace di badare esclusivamente all’eterno.
La chiesa, lo stato, la famiglia, l’arte diventano un peso insopportabile.
Resta solo la fatica di vivere o di fuggire. Sono i pensieri di un folle, ma lo era nato e aveva fatto tutto per accrescere questa sua predisposizione.
Ora accusa e annota tutti gli asti.
Nell’ultimo anno della sua vita (morirà il 7 novembre del 1910, secondo la vecchia datazione) scrive: “ Comincio un nuovo diario, un diario vero solo per me”…Cercherò di non irritarmi e soprattutto di mantenere, col silenzio, le mie posizioni”(29 luglio) ….”Nella mia situazione presente c’è solo una cosa realmente necessaria: non fare, non parlare… mi occorre guastare ulteriormente la mia situazione e ricordare che non ho bisogno di nulla, nulla”…(30 luglio)……”Ho dormito bene, ma mi sento ugualmente depresso, triste, senza vita, con una penosa consapevolezza di non-amore intorno a me, ahimè, in me” (1 agosto)….. Ti corichi con l’amarezza nel cuore e con la stessa amarezza ti svegli” … “È molto bene che mi senta così miserabile”.
Scende in guerra contro tutti e tutto, una guerra totale fatta da un vecchio malato, fuori dalla realtà, per una sconfitta certa e una personale vittoria, che lo restituirà limpido alla terra. Aveva combattuto per l’immaginazione ed erano state battaglie epocali che lo avevano consegnato definitivamente all’immortalità. Aveva dissipato inutilmente tante energie per la vittoria delle illusioni e aveva subito cocenti sconfitte, che nella sua mente malata si erano trasformate le fulgide vittorie. Ora combatteva veramente per “vedersi”, per far trionfare la sua anima.
L’universo dell’immaginazione ha poche leggi così come l’universo reale. Tolstoj aveva trovato la principale: la coincidenza degli opposti. Guerra e pace, bene e male, uomo e donna. Tutta la sua produzione letteraria afferma questa visione, ma deformata. Come Empedocle è consapevole che tutto viene creato dal Male e che il Bene stabilisce un equilibrio. Aveva dimenticato che il Bene deve di nuovo soccombere per dare nuovi mondi. Pur illudendosi di essere imparziale, aveva scelto contro il suo istinto e aveva apertamente fatto vincere il Bene. Si era reso conto che era una menzogna. I suoi personaggi positivi sono caricature: Pierre, Kelvin, il povero pentito di Resurrezione, Lui stesso.
Altra forza assumono il principe Andrej e le sue tante facce. L’unico personaggio che sembra reggere la dimostrazione dell’equilibrio è Anna Karenina, con cui si identifica. Ma la morte di Anna, inevitabile, gli dimostra che la coicidentia oppositorum va saputa leggere fino in fondo.
Abbandona la letteratura, per riprovare nella storia e sono squallidi personaggi che gli fanno la corte. La moglie che lo aveva servito a tutto campo nella prima fase si ribella e il suo realismo agli occhi del marito è puro tradimento. Un lungo calvario di pena, ma le deve dare ragione.
Darle ragione significava dirsi sconfitto e questo non appartiene alla sua natura. Sfida la moglie, perciò, proprio dalla parte della vita reale, in cui sa che lei è una perdente. Dichiara che tutto è perduto con la sua sconfitta. Recupera i suoi istinti primordiali contro l’immaginazione e l’illusione. Diventa il Male e dimostra di aver da sempre capito e di non poter essere mai stato sconfitto.
Ora scende in guerra con gli occhi limpidi di Satana, con la stessa potenza distruttiva e riguadagna se stesso. L’uomo che volle farsi Dio deve essere per il male, tale e quale a Dio.
L’esercito che guida questo nuovo Zar è, però, una fandonia, puramente inesistente. Tolstoj combatte la sua battaglia finale non come Napoleone, che ritornato dall’isola d’Elba, trova un popolo pronto a seguirlo. Combatte contro se stesso e attacca senza strategia ma con la lucida intelligenza del pazzo. Sa che la fine gli è stata annunciata da un pezzo. La fine, lo sa bene, appartiene solo agli uomini.
Tolstoj ritorna a combattere nell’immortalità perché là il suo destino è ben più segnato e non perderà sicuramente.
Attacca innanzi tutto Sofija, la moglie, l’errore degli errori, la carnefice fattasi vittima, la stupida che si illude di poterlo sfidare. “Sono alcuni giorni che lei mi bacia la mano, cosa che non aveva mai fatto prima, e non ci sono scenate e disperazione” …”Aspetto ciò che sarà e proprio questo è male” (29 luglio del 1910). Così, semplicemente, la moglie e sta distrutta dall’inizio. Il resto è solo spiegazione.
“Sofija Andreevna di nuovo non ha dormito, ma non è irritata. Io aspetto” (31 luglio). Il gatto gioca col topo e trova un piacere profondo nella prossima, diluita morte che si appresta a dare. “Sofija Andreevna è andata a controllare e a spiare rovistando nelle mie carte… Poveretta, come é possibile non averne pena?!” (2 agosto).
“Nel pomeriggio un biglietto folle di Sofija Andreevna con la richiesta perentoria che lo leggessi. Gli ho dato un’occhiata e l’ho restituito. Lei è venuta e ha cominciato a parlare. Io mi sono chiuso dentro, poi sono fuggito” (3 agosto). “Ieri mattina lei è stata molto penosa, senza cattiveria. Io sono sempre così contento di questo: mi è così facile aver pena di lei e amarla quando è lei che soffre e non costringe gli altri a soffrire” “(5 agosto) …… “È passata Sofija Andreevna: cammina frettolosa, molto agitata, senza meta. Mi è venuto un grande senso di pena per lei. Ho detto in casa che la sorveglino senza farsene accorgere, che guardino dove va. Sasa mi ha detto che essa cammina non senza scopo, ma spiandomi…. Eterno penoso nascondersi e paura per lei” (6 agosto) …… Sofija Andreevna è più calma, ma c’è la solita irritazione e non bontà verso tutti”…”Di nuovo non ha dormito fino alle 7 del mattino” (7 agosto) … “La salute va sempre e sempre peggio. Sofija Andreevna è tranquilla, ma lontana.” (11 agosto) …… “Ieri ho deciso di raccontare tutto a Tanja. Oggi fin dalla mattina un sentimento pesante, non buono, verso di lei, verso Sofija Andreevna. Bisognerebbe invece perdonare e avere pietà, ma non ci riesco” (12 agosto)….. “rapporto come sempre penoso e pericoloso con lei” (13 agosto) ….. “sempre e sempre peggio. Non ha dormito tutta la notte. La mattina mi è saltata addosso: “Con chi parli”. Poi mi ha detto una cosa orribile: irritazione sessuale. È orrido a riferire….[Tre parole cancellate] (14 agosto)…… Nei giorni successivi si ripetono le stesse lagnanze e scene, poi improvvisamente: “Oggi ho pensato, ricordando il mio matrimonio, che c’era in esso qualcosa di predestinato: non sono stato mai nemmeno innamorato. Ma non potevo non sposarmi” (20 agosto)…..”la sua incoerenza mentale è assolutamente senza speranza” (26 agosto)…
“Con Sofija Andreevna sempre e sempre più difficile. Il suo non è amore, ma un’esigenza d’amore vicina all’odio e che si trasforma in odio” (28 agosto)….”Quando sono solo mi riprometto di essere fermo con lei e sembra che debba riuscirvi, ma quando c’è lei mi indebolisco”(3 settembre)……”Ieri 9, è stata tutto il giorno isterica, non ha mangiato, ha pianto. Faceva una pena terribile. E non serve nessun discorso, nessun ragionamento……..Con lei non si può vivere. È solo un tormento”…. Poi scenate solite e tentate fughe: “È terribile che tra i suoi pensieri folli ci sia anche quello di far credere che io sia debole di mente, per rendere così invalido il mio testamento, se esiste. Inoltre, sempre gli stessi discorsi su di me e il suo odio dichiarato contro di me” (12 settembre)
(continua)
03-11-2011
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