La polemica di Marx contro Stirner: Marx e la sinistra hegeliana

Marx e la sinistra hegeliana

 

La filosofia hegeliana, volendosi presentare come superamento del dommatismo e dell’utopismo, era di fatto diventata, come accennato in precedenza, la filosofia della difesa dell’ordine reazionario del suo tempo. “L’uccello di Minerva si alza solo al calar della notte”, aveva scritto il filosofo nella Prefazione alla Filosofia del diritto, volendo deliberatamente limitare la conoscenza soltanto al fatto presente e più chiaramente aveva affermato che “la filosofia, poiché è lo scandaglio del razionale, è la comprensione del presente e del reale, non la ricerca d’un al di là che sa Dio dove dovrebbe essere”….”Intendere ciò che è, è il compito della filosofia, poiché ciò che è, è la ragione….È folle pensare che una qualche filosofia precorra il suo mondo attuale”.
Questa copertura filosofica alla conservazione dei rapporti sociali esistenti, più concretamente era la approvazione della politica prussiana e non c’è da stupirsi che Altenstein, Ministro della Pubblica Istruzione e dei Culti, garantisse agli hegeliani “di destra” le più prestigiose cattedre universitarie e come l’ hegelismo divenisse, di fatto, la filosofia ufficiale tedesca.
Tuttavia era evidente che un simile appiattimento politico non poteva che contraddire la stessa concezione dialettico-hegeliana della storia: per essa, infatti non può esistere presente che non debba far posto a nuove realizzazioni dello Spirito e il divenire non può che esplicare la sua dinamicità nello sforzo di capire il reale, e, principalmente, di “superarlo”.
Fu intorno a questo giustificazionismo non dialettico che all’interno della Scuola hegeliana si delineò una netta scissione, espressione dello scontro politico tra conservatori e progressisti, fra l’assolutismo monarchico e l’ esigenza della nascente borghesia liberale di superare i perduranti orpelli feudali.
Da parte dei progressisti si proclamò il superamento, il più delle volte violento, della realtà socio-politico del tempo e l’affermazione di una critica radicale allo stato di cose presenti. In breve, si dichiarò guerra, almeno ideologicamente, alla statolatria prussiana. Stirner dirà che questi Giovani hegeliani, legati all’individuale, rappresentavano coloro i quali identificavano il futuro con il cambiamento della società; che vivevano di idealità e di disinteresse programmando contro la società esistente.
In contrapposizione, i Vecchi hegeliani, fortemente occupati a difendere una presunta universalità dello Spirito, aderivano completamente alla situazione del tempo e alla tradizione, essendo privi di “tensioni” e non vivendo “malcontenti della realtà” (1)
“Verso la fine del decennio 1830-1840, la scissione nella scuola hegeliana apparve sempre più marcata. Specialmente quando la bigotteria ortodossa e la reazione feudale assolutistica salirono al trono con Federico Guglielmo IV” (2)
Nel 1835, Davide Federico Strauss pubblicò la Vita di Gesù. Con tale opera veniva iniziata la disarticolazione della dialettica tra religione e filosofia, in quanto non riducibili a sintesi; veniva affermata accanto ad una verità razionale, una realtà storica che non era necessariamente da giustificare; veniva criticata la religione cristiana e negato Dio come principio esterno; non veniva accettata la ricomposizione del mito nel concetto. Era, insomma, un attacco frontale ad Hegel, proprio nella parte centrale del suo sistema, lo Spirito Assoluto. (3)
La Sinistra, come si chiamerà da allora l’ala critica dell’hegelismo (4), propugnerà sempre una radicalizzazione storico-filosofica.
A. von Cieszkowski con i Prolegomeni alla Filosofia della storia (1838), antecedentemente a Marx, rivalutava la praxis, intesa proprio come operatività irriducibile, come presupposto di una filosofia dell’azione, volta ad un avvenire che, in un certo qual modo, si era già delineato con la dottrina socialista di Fourier (5). Attraverso Cieszkowski, il socialismo cominciò a presentarsi tra la Sinistra tendenzialmente liberale e, ad ogni buon fine, facendo della filosofia non una semplice “speculazione”, ma un’arma politico-sociale.
Arnold Ruge e Theodor Echtermejer fondavano nello stesso anno gli Annali di Halle per la scienza e l’arte tedesche. Ruge si contrapponeva sempre più alla politica prussiana e, attraverso la sua azione, la separazione tra Sinistra e Destra hegeliana divenne definitiva e la lotta più aperta e sofisticata.
Bruno Bauer, d’altra parte, conservava dell’hegelismo soltanto l’idea dello sviluppo dialettico della storia, facendo rinascere, con un rinnovato idealismo, l’antagonismo tra essere e dover essere, ricollegandosi apertamente all’idealismo soggettivo di Fichte.
Rinasceva l’opposizione tra materialismo ed idealismo e Feuerbach valorizzò la tesi della subordinazione dell’Idea alla Realtà concreta, accentuando, inoltre, la crisi del liberalismo all’interno della Sinistra e spingendo la filosofia a farsi carico di un materialismo umanitario, che individuava il nascente proletariato come soggetto di ogni rovesciamento.
Karl Marx, nel frattempo, aveva deciso di lasciare gli studi di diritto per la filosofia, così come non molto tempo prima, aveva abbandonato le velleità letterarie, tutte intrise di un roboante romanticismo poetico. La “grottesca, aspra melodia di Hegel” era divenuta per lui “una perfida sirena”. Criticando Hegel, ritiene di dover conservare l’unità mediata di essere e pensiero; di idea e reale; il movimento dialettico generato dalle contraddizioni interne ad ogni realtà; comprende che la filosofia ha fini sociali più che produrre astratte elucubrazioni trascendentali; afferma che la critica alla religione deve diventare il presupposto di ogni critica; forma, in conclusioni, i presupposti per assumere un ruolo “critico” all’interno della stessa Sinistra. Infatti, sul problema della religione, comincia un aspro attacco a G. Hermes (1775-1831), professore di teologia a Munster e a Bonn, il quale attraverso Kant aveva tentato una conciliazione tra dogma e filosofia. I Giovani hegeliani parteggiavano con Marx perché il governo proteggeva apertamente gli hermesiani contro l’ultramontanesimo.
In questo periodo, Marx, come i suoi compagni di strada, ancora riconosceva allo Spirito la capacità di sovvertire il mondo. Gli scriveva, infatti, Bruno Bauer: “la teoria è attualmente la forma più potente di attività pratica” (6) ed anche Marx, diversamente da quanto stava per fare Feuerbach, si muoveva sostanzialmente all’interno della dottrina hegeliana. (7)
Il 1841 fu per la Sinistra molto importante. Sul piano letterario furono pubblicate le Poesie di un vivente di Georg Herwegh, che ebbero larga risonanza, interpretando le aspirazioni liberali delle nuove generazioni.
Sul piano politico, si determinò la costituzione di una risoluta opposizione. Ruge aggrediva il governo con violenti articoli, tanto che i provvedimenti governativi lo costrinsero a far uscire gli Annali di Halle sotto una nuova testata.
Sul piano sociale la figura di Moses Hess diventò determinante, poiché apertamente sostenne la necessità del comunismo, l’ipotesi della concentrazione del capitale e la sua inevitabile abolizione. Prima con La storia sacra dell’umanità e poi con la Triarchia europea, invogliava ad un più fattivo impegno sociale, collegando sempre più il comunismo all’hegelismo (8)
Nello stesso anno Feuerbach pubblicava L’essenza del cristianesimo, affrontando la religione sul piano antropologico. In estrema sintesi, dimostrava che Dio è soltanto un’”alienazione”, la proiezione dell’uomo stesso e dei suoi problemi in un mondo metafisico e mistificatorio. Scriveva: “La coscienza che l’uomo ha di dio è la coscienza che egli ha di se stesso; la conoscenza di dio è la conoscenza che l’ uomo ha di sé: Dio e l’Intimo rivelato, l’essenza dell’uomo espressa” (9).
In questo stesso anno, Marx si addottorava con una tesi Sulla differenza tra la filosofia della natura di Democrito e di Epicuro, tesi in cui si nota una presa di posizione contro l’astratto individualismo così come contro un fatalismo meccanicista e viene riaffermato, in termini ancora hegeliani, l’unità di uomo e ambiente sociale.
Intanto all’ Università di Berlino, Engels e parte della Sinistra combattevano contro i corsi del “reazionario” Schelling, tornato in auge dopo la morte di Hegel, col beneplacito del governo che non si fidava più dell’eredità hegeliana.
Marx collaborava alla rivista Athenaeum, non propriamente di tendenze liberali e democratiche, organo del “Circolo dei Dottori”. Vi pubblicò alcune composizioni poetiche, di scarso valore, trovando, stranamente, in Hess un fervido ammiratore. Nacque il sodalizio Marx, Hess e Bauer impegnato, quest’ultimo, con La tromba del giudizio universale, con vari artifizi filosofici ricavati dallo stesso Hegel, a mettere in ridicolo la religione hegeliana e cristiana, tanto che l’opera fu largamente riletta e diffusa da tutta la Sinistra.
Le intemperanze giornalistiche, il profilo pubblico dei dibattiti, spinse, accelerando i tempi, tanto Marx che la Sinistra ad individuare in che misura dalla critica si potesse passare all’abolizione effettiva delle istituzioni reazionarie; alla necessità di non fermarsi alla contrapposizione tra Spirito e mondo, ma piuttosto individuare le possibilità di ampliare gli spazi di un confronto e, in particolare, di un’esplicazione della vita secondo chiari rapporti democratici.
Non destò, perciò, meraviglia che Marx assumesse già dal 1842 la direzione della Gazzetta Renana, (la Reinische Zeitung), il giornale più diffuso dell’epoca, combattivo e fortemente legato al proprio territorio. Marx, nei suoi articoli, trattò della libertà di stampa, degli sterili dibattiti alla Dieta Renana e si occupò in particolar modo della legge sui furti di legname, della situazione dei vignaioli della Mosella e altri problemi spinosi per la chiesa e, specialmente, per il governo.
Frattanto il “Circolo dei Dottori” si era trasformato nel “Club dei Liberi”, raggruppando quasi tutti i filosofi più apertamente critici dell’hegelismo e del liberalismo. Al giornale di Marx collaborarono, tra i tanti, Engels, Ruge, Hess, Mejen, Koppen, Bauer, Buhl e Stirner (10), i quali manifestarono sempre più l’accentuarsi del proprio estremismo teorico, ostile a qualsiasi compromesso o, come affermavano, “ad ogni giusto mezzo”.
Hess continuava a sviluppare le connotate tesi comunistiche, profetizzando una rivoluzione sociale in Inghilterra, dove l’opposizione tra ricchi e poveri era aperta e ingovernabile. Le sue tendenze anarco-comuniste, non sempre chiaramente definite, trovarono, in questo momento, un entusiasta alleato in Mikail Bakunin. Non è inopportuno ribadire che con Hess e Bakunin, il comunismo divenne un momento di accesa discussione nella Sinistra, creando nuove lacerazioni e aggregazioni.
Il primo dissidio tra Marx e i Liberi avvenne in base alla critica al liberalismo: i Liberi condannavano il liberalismo come politica del giusto mezzo e davano vita “ad una clamorosa manifestazione contro i pilastri della situazione statale” (11). Marx, riteneva che le circostanze imponessero di non attuare conflitti con la borghesia e le sue rivendicazioni liberiste.
Intanto, come redattore capo della Gazzetta, egli dovette rispondere ad un attacco del giornale concorrente, La Gazzetta generale di Augusta, che accusava la Gazzetta Renana di tendenze comuniste. La risposta di Marx dimostra come il suo liberalismo non volgesse ancora a soluzioni così estremistiche, poiché ribadiva che in Germania, il comunismo non fosse all’ordine del giorno, mentre confessava di non essere sufficientemente “preparato” filosoficamente a rivendicare una così estrema posizione di classe: una confessione sincera, se è vero che, in altri articoli, dimostrerà di essere impregnato di idealismo hegeliano nei confronti dello stesso stato prussiano (12).
La rottura con i Liberi avvenne in seguito ad una polemica di Ruge con costoro. Marx, invitato a prendere posizione, decise di non ospitare più alcun articolo dei Liberi sulla Gazzetta, concordando con Ruge sulla loro “fraseologia”, nonché sulla loro dissolutezza. Stimava che l’attacco dei Liberi contro il governo, fuori da una tattica temporeggiatrice, non potesse che nuocere al giornale, di cui, in quel periodo, i ministri incaricati della censura scrivevano al Re, “essere disposto a corrispondere al desiderio del governo”. Non ostante questo cauto atteggiamento di Marx, il 2 gennaio 1843, il governo decise la soppressione della Gazzetta, avendo questa “ripreso ad esprimersi con un tono ed un’insolenza che superava tutto ciò che si era permessa in passato”. Evidentemente la posizione dei Liberi e il loro allontanamento non avevano costituito una buona ragione per dare al giornale un tono più compiacente verso l’assolutismo.
Da questo momento inizia per Marx il tirocinio che lo porterà nelle braccia del comunismo, attraverso l’esasperazione delle tesi che andava pubblicizzando l’ormai famoso Feuerbach. Anche i Giovani hegeliani affrontavano, per conto loro e con più coerenza il criterio dell’alienazione, non più individuata alla maniera di Hegel: estendendola al campo sociale si dichiaravano tutti materialisti. Né si può dimenticare in questo salto di qualità, compiuto da quasi tutta la Sinistra, la centralità della figura di Hess, di cui Marx stesso faceva apertamente elogio nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 (13), né venne tenuto di secondaria importanza il ruolo del sarto Wilhelm Weitling, che elaborava e predicava un comunismo di forti radici cristiane e mistiche. Marx dirà che “gli scritti geniali” di Weitling andavano oltre lo stesso Proudhon e di lui non mancherà di ricordarsi come uno dei più attivi pionieri dei comunisti tedeschi.
Come detto Hess focalizzò la propria attenzione sull’ alienazione, epistemologicamente rivisitata in senso sociale e si dichiarò definitivamente (o così credeva) propugnatore di una società anarchica (15). Egli affermava che “l’attività è la produzione dell’uomo, dell’io da parte di se stesso”; denunciava coloro che riducevano “la vita reale, la vita dell’individuo concreto ad un’astrazione, ad un universale”; proclamava l’esigenza di passare ormai all’azione aperta contro il governo (16). Sulla sua scia, sul Repubblicano Svizzero, diretto da Froebel, Michele Bakunin, in un articolo sul comunismo, insisteva sulla negatività come momento centrale della dialettica e proclamava il superamento della filosofia e la necessità della prassi come costruzione di una società basata sul collettivismo più che sul comunismo.(17)
Engels, in Inghilterra, veniva direttamente in contatto con la reale situazione proletariato e sebbene fosse ancora irretito dall’ideologia idealistica, riusciva a dare una realistica rappresentazione della situazione operaia, in misura maggiore dello stesso Hess, che pure lo aveva iniziato al comunismo.
Marx, attraverso i suoi amici e specialmente attraverso Feuerbach, aveva, dunque, di che meditare e di che ritenere basilare per la sua formazione e per i suoi scritti. Infatti cominciò a criticare aspramente la Filosofia del diritto di Hegel, principalmente nella parte che riguardava il rapporto tra stato e società civile e sebbene non avesse superato le incertezze teoriche della gioventù, né si ispirasse ancora ad una visione di una società comunista, l’analisi dello stato risultò abbastanza incisiva, anche se in termini decisamente idealistici. Denunciava la mistificazione di voler determinare deduttivamente dall’eticità le istituzioni politiche, giuridiche e sociali. Questi organismi non potevano essere il risultato di un’attività trascendentale né un’esteriorizzazione dell’Idea. Hegel, scriveva Marx, non sviluppava il pensiero secondo l’oggetto, bensì secondo un piano logico già predisposto, “rovesciando” il soggetto in predicato, subordinando la realtà ai concetti. Solo attraverso questo misticismo logico, lo Stato poteva assumere un carattere assoluto e concretamente portare alla giustificazione della monarchia e di qualsiasi autorità che volesse nascondersi dietro il paravento statale. Di questo Hegel statolatra si potrebbe dire ciò che Marx stesso scrisse contro la burocrazia: “l’autorità è il principio della sua scienza e l’idolatria dell’autorità è il suo sentimento”.
Attraverso l’idealizzazione dello Stato, si arrivava all’opposizione di esso con la società civile, alla diversificazione di cittadino dello stato e cittadino semplice membro della società civile. Come dirà poi nel Problema ebraico, nello stato politico “l’uomo conduce una doppia vita, non solo idealmente, nella coscienza, ma nella realtà, nella vita: una vita celeste e una terrena, la vita della comunità politica, dove egli si fa valere in quanto comunità e la vita nella società borghese, in cui agisce come privato, considera gli altri come mezzo, si abbassa egli stesso a strumento altrui e diventa trastullo di forze estranee. Lo stato politico attua, quindi, un rapporto spirituale verso la società borghese come il cielo verso la terra”.(18)
Con tale critica Marx ergeva le fondamenta del suo antistatalismo, iniziando una analisi serrata e severa della burocrazia e, nel momento specifico, consumava il distacco dal radicalismo borghese sia per i mezzi (sostituzione della monarchia con la repubblica, basata sul suffragio universale), sia per il fine (una compiuta democrazia).
Un contributo alle istanze comuniste veniva, nello stesso periodo, da un libro di L. von Stein, Il socialismo e il comunismo nella Francia contemporanea, che ostile alle teorie socialcomuniste, riusciva, in ogni caso, a darne un chiaro panorama e, nello stesso tempo, a precisare la funzione della lotta di classe nello sviluppo storico.
Che Marx continuasse ad essere pieno di incertezze politiche, risulta dalle lettere antecedenti la pubblicazione degli Annali franco-tedeschi, il giornale che nelle intenzioni sue e di Ruge avrebbe dovuto rappresentare la voce rivoluzionaria della filosofia tedesca. In una lettera di Marx a Ruge (19), la sua ancora lacunosa prospettiva politica, veniva presentata come antidommatismo, anzi motivo per criticare il comunismo e il socialismo come essenzialmente dommatici. Dirà che è un’imperfezione voler trattare il lato materiale della vita umana, senza tener presente anche “l’esistenza teorica dell’uomo”, la spiritualità che si esprime nella religione, nella scienza, nella filosofia ecc. (20), in modo che l’indicazione marxiana di portare “nella forma umana autocosciente tutte le questioni religiose e politiche”, non superava, ma riaffermava la persistenza della filosofia hegeliana, anche ribadendo una generica “riforma della coscienza”. In altri termini è proprio per queste incertezze pratico-teoriche che attorno agli Annali potessero ancora ritrovarsi personalità tanto diverse, ma tutte legate da un generico umanesimo di stampo feuerbachiano.
La rivista trovò molte difficoltà, specialmente nella collaborazione francese, proprio quando, per le rappresaglie governative, molti di coloro che avevano offerto la loro disponibilità si erano trasferiti a Parigi.
Degli Annali venne pubblicato soltanto un numero doppio nel marzo del 1844. Marx vi pubblicò la Questione ebraica in polemica con Bruno Bauer, articolo che possiamo considerare un approfondimento dei temi trattati nella Critica della Filosofia del Diritto. Si riproponeva, infatti, l’opposizione tra società civile e stato politico, sebbene dal punto di vista dell’emancipazione umana (21). Un suo secondo articolo nello stesso numero (22), traeva le conclusioni sulla questione precedente, indicando, dopo una formidabile analisi, la religione come oppio dei popoli, per la duplice funzione di offrire un paradiso illusorio e di nascondere il volto reale della sofferenza; veniva, ancora una volta, riaffermata l’abolizione della filosofia, realizzandola, e la possibilità di una rivoluzione proletaria non appena la stessa filosofia fosse stata in grado di trovare nel proletariato il suo corpo e il proletariato nella filosofia la sua testa (23).
Nella rivista quello che apparve effettivamente nuovo fu l’articolo di Engels, Lineamenti di una critica dell’economia politica, in cui la trattazione economica, al di là di alcune generalizzazioni, apparve non solo originale, ma estremamente realistica, tanto che, in seguito, lo stesso Marx non mancherà di definirla geniale (24). Pur tralasciando la modestia di Engels rispetto a tale giudizio, il contributo di questo articolo nell’evoluzione del pensiero marxiano è fondamentale.
Ancor di più è da sottolineare la pubblicazione, in questo periodo, di un articolo di Hess sull’ essenza del denaro, i cui temi si troveranno integralmente negli scritti economici di Marx di questo periodo.
Con ciò, col preannunciarsi del materialismo storico, si può far terminare il periodo giovane-hegeliano di Marx e, dal punto di vista della cronaca, si può dire che la rottura con Ruge e il sodalizio con Engels ne concretizzino il trapasso.

 

 

 

NOTE

 

1 – K. Lowith, La sinistra hegeliana, Bari 1966, ediz. La terza, pag.484.

2 – F. Engels, Ludovico Feuerbach, Roma 1950, pag. 19-20.

3 – A. Cornu, Marx ed Engels dal liberalismo al comunismo, Milano 1962, ediz. Feltrinelli, pag.156.

4 – Il termine “Sinistra” fu coniato da Strauss in opposizione alla destra, in analogia ai due lati del parlamento francese.

5 – Cornu, op. cit. pag.159-161.

6 – Mega I, vol. I, pag.250, lettera del 31 marzo 1841, ripresa da Cornu, op. cit., pag.199.

7 – Lenin, Karl Marx, Roma 1950, pag.7

8 – Cornu, op. cit. pag.264 e precedenti.

9 – Essenza del cristianesimo, Milano 1949, pag.26

10 – Nella Gazzetta Romana appare anche un articolo di Stirner (Il falso principio della nostra educazione, ovvero umanesimo e realismo) in cui, in opposizione sia all’umanesimo che al realismo sosteneva che l’educazione doveva tendere a rendere autonoma la volontà, affrancandola da ogni autorità.

11 – Lettera di Marx, citata da Cornu, op. cit. pag.386.

12 – Come si può agevolmente rilevare nella polemica sostenuta sui Dibattiti della Dieta Renana, per la legge sul furto della legna.

13 – K. Marx, Manoscritti economici-filosofici del 1844, edizione Einaudi, Torino1970, pag.4 e 117.

14 – Cornu, op. cit. pag.484.

15 – Cornu, op. cit. pag.63 e seguenti.

16 – T. Zlocisti, Moses Hess; Hess, Filosofia dell’azione, pag.37 – 41, pag.39 – 44. Ripresi da Cornu, op. cit., pag.463.

17 – “Ecco il punto comune alla filosofia e al comunismo: entrambi tendono verso la liberazione degli uomini. Ma è anche qui che si definisce la loro differenza essenziale: la filosofia è solo teoria nella sua essenza, non si muove e non si sviluppa che all’interno della conoscenza. Il comunismo, in compenso, nella sua forma attuale non è se non prassi. Così si definiscono i pregi e i difetti dell’un sistema nei confronti dell’altro. È vero che il pensiero e l’azione, la verità e la morale, la teoria e la prassi, sono in fin dei conti la medesima cosa, unica e inseparabile; è vero che il maggior merito della filosofia sta nel fatto che essa ha riconosciuto e compreso questa unità, ma con questo riconoscimento essa è arrivata al suo limite che non può oltrepassare in quanto è filosofia poiché al di là di questo limite comincia qualcosa di più grande, la vera comunità degli uomini liberi.” (Michele Bakunin). Citato da H. Arvon Bakunin, ediz. Sansoni, Milano 1970, pag.59.

18 – Citato da H. Lefebvre, La sociologia di Marx, edizione Il Saggiatore, Milano 1971, pag.135.

19 – Kreuznach settembre 1843.

20 – Cornu, op. cit., pag.571 e seguenti.

21 – Ibidem, pag.601.

22 – Per la critica della filosofia del diritto di Hegel.

23 – Il discorso è ancora generico, hegeliano e dommatico. Cornu, op. cit., pag.619.

24 – K. Marx, Per la critica dell’economia politica, prefazione, pag.12. Ripreso da Cornu, op. cit., pag.652.

 

25-02-2011

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