Le fonti antiche sulla gens langobarda
Per le notizie più antiche riguardanti i Langobardi esistono poche fonti e non sempre certe.
Notizie di un qualche interesse non datano oltre il primo secolo a.C.
Strabone (63 a.C. – 21 d.C.), li nomina fugacemente nel contesto del variegato mondo germanico. Nella Geografia dice: “La popolazione dei Suebi è la più numerosa tra quelle germaniche. Si estende, infatti, dal Reno fino all’Elba. Una parte abita anche al di là dell’Elba, ad esempio gli Ermonduri ed i Langobardi, ma attualmente sono fuggiti e si sono stanziati nel territorio oltre il fiume”.[1]
Velleio Patercolo (20 a.C. – 30 d.C.) li ricorda in funzione della vittoria riportata da Tiberio durante la campagna dell’Elba del 5 d.C.: “Vennero schiacciati i Langobardi, gente ancor più feroce della ferocia germanica”.[2]
Tacito (50 d.C. – 120 d.C.) nella Germania, (peraltro assai generica e poco utile per una cognizione analitica delle varie tribù) rimarca l’esiguità langobarda rispetto ai limitrofi Sennoni ed esprime un giudizio giustamente riportato in tutte le storie langobarde, in quanto più di ogni altro dà l’esatta misura, quasi araldica, dei Langobardi: “Contra langobardos paucitas nobilitat. Plurimis ac valentissimis nationibus cincti, non per obsequium, sed proeliis ac perclitando tuti sunt”. (Diversamente dagli altri, la pochezza di numero esalta i Langobardi. Circondati da numerosissimi e fortissimi popoli, si fanno rispettare non dimostrando ossequio, ma ottenendolo col combattimento).[3]
Lo stesso Tacito, indirettamente, in base al giudizio precedente, sembra offrirci la possibilità di individuare e di capire il perpetuarsi della direzione militare e sociale degli Arimanni; così come dà, fin dall’inizio, testimonianza di un’altra qualità della gens langobarda: l’attività mercenaria delle fare sia all’interno che all’esterno della nazione germanica. Dice infatti negli Annales ab Excessu Divi Augusti: “Igitur non modo Cheruschi socioique eorum, Vetus Arminii miles, sumpsere bellum, sed e regno etiam Marobodui, Suebae gentes, Sennones ac Langobardi, defecere ad eum” (Infatti non solo i Cheruschi e i loro alleati, antica milizia di Arminio, entrarono in guerra, ma passarono dalla sua (Armino) parte anche dal regno di Maroboduo, il popolo dei Suebi, dei Sennoni e dei Langobardi).[4]
In altra parte della stessa opera rimarca il passaggio di alleanze: “Ad strepebat huic alacre vulgus; et magno inter barbaros proelio victor rex, dei secunda fortuna ad superbiam prolapsus pulsusque ac rursus, langobardorum opibus refectus per laeta per adversa res Cheruscas afflictabat”. (Il popolo lo festeggiava animosamente e (Italico, re dei Cheruschi) re vittorioso in un grande scontro tra barbari, assecondato poi dalla fortuna insuperbì e incoraggiato ancora dalle azioni dei Langobardi, affliggeva i Cheruschi sia per eventi favorevoli che avversi).[5]
Dione Cassio (155 d.C.-230 d.C.) menziona i Langobardi per quella che potrebbe essere la seconda, storicamente accertata, grave sconfitta in campo dei Langobardi: alleati dei Marcomanni contro i Romani, furono letteralmente sbaragliati dalla cavalleria di Vindice (166-167 d.C.). “Attraversato l’Istro (Danubio), seimila guerrieri langobardi e obii furono circondati dalla cavalleria di Vindice e battuti dalla fanteria di Candido; i barbari furono così costretti ad una rovinosa fuga”.[6]
Sulla testimonianza di Tolomeo è inutile soffermarsi perché quanto è riferito è completamente contraddittorio e privo di riferimenti condotti in base ad una seria indagine, anche dal punto di vista geografico.[7]
Dalla più ampia testimonianza di Procopio di Cesarea, (490/507 d.C.-565 d.C.), è stato fatto il necessario riferimento in tutta la trattazione non in appendice, sia per l’ampiezza e l’importanza della fonte, sia perché in ogni caso, l’opera di Procopio è abbastanza distante cronologicamente dalle fonti precedentemente esaminate.
Analogamente è stato fatto per Nicezio di Treviri, Mario Aventicense fino a giungere a Gregorio di Tours ed Isidoro di Siviglia.
Ognuno, comunque si renderà conto che, nel’utilizzo delle fonti antiche non poteva che assumere un posto privilegiato l’Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Infatti, comunque possa essere giudicata la faziosità, la superficialità e la non rara inattendibilità di questo testo, esso resta il più compiuto dei riferimenti possibili. L’Historia Langobardorum.
È risaputo che venne scritta nell’VIII° sec., utilizzando notizie di varia provenienza. Certo è che sta a mezza strada tra l’opera di letteratura e l’opera storica. Tra l’altro è nota l’ipotesi che essa ricalchi opere più o meno simili.[8]
È comunque sicuro che Paolo Diacono abbia utilizzato l’Historia Langobardorum di Secondo di Non e l’Historia Francorum di Gregorio di Tours.[9
Inutile rimarcare che la posizione ecclesiale di Paolo Diacono è quella che maggiormente pregiudica l’obiettività dell’opera.
A conclusione non è superfluo ricordare che Paolo Diacono essendo Langobardo ha saputo portare pregi e difetti di questa appartenenza, nella stessa misura in cui non poteva non essere condizionato dall’epoca in cui scrisse: la fine del regno langobardo in Italia e l’avvicendarsi della dominazione carolingia.
[1] Strabone, Geografia, VII, 1, 3.
[2] Velleio Patercolo, Historia Romana, II, 106,2. La frase riportata suona letteralmente così: “Fracti Langobardi, gens etiam germana feritate ferocior”.
[3] Tacito, Germania, 40.
[4] Tacito, Annales, II, 45.
[5] Tacito, Annales, XI, 17. A proposito di questi fatti, giustamente G. P. Bognetti rimarca come proprio questi eventi fossero “capaci di foggiare agli arimanni quasi un nuovo e più feroce carattere”. Non sembra, però, accettabile il giudizio secondo cui “la vocazione di formar corpi militari”, (messa in adeguato rilievo dallo stesso studioso), sia in antitesi “con quella libertà germanica che in patria (…) serbavano alla loro piccola ma fiera comunità”. Discende che anche “il servizio mercenario” venga dallo stesso Bognetti inteso in senso estraneo alla mentalità langobarda. Ciò non impedisce che la polemica che su questo tema Bognetti ha con lo Schmidt, sia a suo favore, così come verisimile è la ricostruzione di queste prime battaglie langobarde.
Cfr: G. P. Bognetti, L’Età Langobarda, vol. III, Mi, 1967 e Schmidt, Die Ostgermanen, nello stesso Bognetti nel cap. L’Influsso delle istituzioni militari romane.
[6] Dione Cassio, Historia Romana, LXXI, 3, 1a.
[7] Tolomeo, libro III. Citato anche da Francescantonio Grimaldi, Annali del Regno di Napoli, tomo III, Napoli, 1782, pag. 17.
[8] Dante Bianchi è stato tra i primi a tentare di individuare le fonti analizzate.
Cfr. D. Bianchi, Senso Storico di Paolo Diacono, in memorie storiche foro-giuliesi, 1931-33, pag. 27-29; Idem, Storia, Leggenda e meraviglioso in Paolo Diacono, ivi, 1934, pag. 31; Idem, L’Elemento Epico nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono, ivi, 1934-36.
Il Bognetti, op. cit. vol. III, pag. 159-160, a proposito di queste ricerche asserisce lapidariamente: “Confesso che mi han sempre dato un senso di disorientamento i tentativi di Dante Bianchi”, che “mi è parso sempre sterile esercizio quel voler discernere se prevalesse in lui (Paolo Diacono), storico, il senso del meraviglioso, quello poetico, quello mistico e così via”. “Probabilmente, fuor delle poche leggende trasmessegli dalla tradizione familiare, non gli fu possibile, o non credette necessario, per stendere la sua storia, che una modesta preparazione libresca”. Conclude in ogni caso che Paolo Diacono “è riuscito in una parola ad essere storico vero (Tenuto conto dei tempi)”.
[9] Dell’obiettività di Paolo Diacono si sono principalmente occupati F. Scneider e specialmente il Mommsen, Die Quellen der Langobardengeschichte: Entrambi gli studi sono citati da Bognetti, op. cit. tomo III, pag. 160-161.
A proposito dell’esame della narrazione sia di Paolo Diacono che di Gregorio da Tours, importante è il parallelo di passi operato dal Mommsen (Vedi T. Mommsen, op. cit., in Gesamelte scriften, Berlin, 1905-1913, vol. VI, pag. 485 e seguenti).
In effetti, proprio in questa comparazione di narrazioni riferite ad uno stesso fatto, bisogna trovare elementi a favore di Paolo Diacono, piuttosto che a favore di Gregorio da Tours.
28-02-2011
Lascia un commento