El Ra (La scala del sacro)

El Ra

(La scala del sacro)

 

 

I

Oh, El Ra, Indicibile El Ra,

ti vidi unico Dio,

Unico senza confini,

non muschio di pensieri improvvisi,

né volere di tempi fatali:

così dissero i padri

sacrali.

 

Non vivevi di rabbia animale,

di piante recise e tormenti taciuti.

 

Solo inferi giusti,

nemico del male,

fonte di aiuti

a noi impotenti in angusti

malanni.

 

In Te, il figlio dell’uomo

profuse nel fare

perfide opere insane

in forme che tramavano folli.

 

Sciocchi e malvagi ritenni

costoro e infelici,

stirpe di terra.

 

 

Ti cercavo El Ra,

per anni e minuti

tra sangue e dolore

di alterni tramonti,

insieme a poveri stanchi

nell’ora che restano vivi,

o muti.

 

 

Poi andavano

sfregiati dal gelo dei marmi,

dai fiori ritorti, tra date

e lacrime senza una voce

che di esse si bagni.

 

Mi chiesi a volte dov’eri

pregando.

 

Emersi,

dal profondo caldo e dal mare,

monti e pianure,

dispersa l’ombrosa presenza,

hai fatto squarciare

gli abissi del suolo,

la varianza dell’acqua.

 

Solo tu ti alzavi

eccelso architetto,

dicendoti:

Io sono chi sono: El Ra.

 

Ma tacqui indeciso,

dormendo sotto il tetto

di dubbi invadenti.

 

II

Di poi, ho spiato il tuo dire.

Amavi riavere il cuore

di uomini servi,

lasciando patire umili e buoni.

 

Non trovavo il tuo viso

bambino e quieto

un tuo benedire.

 

Dimmi, perciò, a che valgo,

cos’è questo tempo

e lo spazio

e più chiaramente

il tuo cielo?

 

Perché giaccio pauroso

nelle tue case?

 

Sei falso, El Ra!

 

Nulla da Te,

ex nihilo si formò:

nuotasti nel nero e alla luce,

affinché si compisse

la gloria che salva e inabissa,

il pianto ed il riso.

 

Tu sei potere. Sei fame.

 

Tu sempre hai taciuto

il minimo dei minimi atti

nel mistero compiaciuto

del Tutto,

il Vero, la Via

l’Osanna incompreso!

 

Tu figlio a te stesso e padrone,

aquila che intravedi,

chiese ed imperi

su montagne di nubi,

vanitosi vapori e schiere

di angeli falliti,

cherubini.

 

 

L’anima piange rugiada

a noi

polvere e figli,

ma non giunge da te,

peripatetico Dio!

 

Sciocco che pensi te stesso

soltanto.

 

Di poi, El Ra

cadesti in vuote parole.

 

Ma io

Per grandissima grazia

rinvenni,

da caduta mortale sanato,

colmo di grazia.

 

III

Vidi Te,

finalmente,

Altissimo, Santo,

Santissimo Padre del Padre,

voce del Figlio,

operoso vento d’amore,

per chi ha parole

sudate.

 

 

Hai spento la croce.

 

La morte, a noi,

simili a Dio,

ritorna un mistero la morte.

 

Non sappiamo di Te.

Non hai libri sacri

né preti ululanti.

 

Dicesti al Pastore

che il gregge ammassasse

salubri pascoli

ove tante dimore

ha creato nel giorno

in cui chiuse

le opere El Ra.

 

Al Dio dicesti:

vai al giusto riposo!

Non temete, hai detto,

oh, Eterno,

alle parvule anime,

veglierò su di voi,

con pane e con vino.

 

Carità:

affinché sazi viviate

nel mondo del vento

che al male

non darà più respiro

assopiti

ad un caldo annunziato.

 

Nel silenzio

si è rotto il tragico vuoto

e il Figlio mi ha detto:

Salva tuo Padre,

che simile a te suderà

dietro l’aratro

e la scure.

 

 

Spezzate sono

tenebre e caos,

perché Luce apparisse

e preghiera.

 

Tu Santo dei Santi

mandasti a morire Gesù

perché ogni vago morisse.

 

IV

Lui prese le spine

dei tuoi figli pensosi,

più di Abramo, Giacobbe

e l’eletto Mosè

e del cantore infelice, Isaia.

Ecco l’uomo,

ecco l’Unto.

 

Ma quale ira, ora

t’induce El Ra?

 

Qual mistero o tragedia

sulla riva di un mare,

all’oscura penombra dei pini

t’avvinghia

satanico.

 

Si amano viole,

campanule e bruchi

e su quelle albe

che parlano ora

rosse di rose

e risa abbelliscono

l’aria.

 

Limpide acque

aspettano fresche

la fronte a darle ristoro,

dove parlano

rondini ai nidi,

e urlano grandi memorie:

 

El Ra, consola Te stesso!

 

Il giorno

si spezza e si colma

sugli altari vuoti dei figli

di scribi e vola

e si sporge

su questo inganno continuo

che è sacro agli insani.

 

Laggiù vivi a noi,

Eternità cara,

finalmente ottenuta.

 

Noi siamo qui,

ad amare, mentire,

parlarti,

morire.

 

Leggerò

nel mio dire

lavorando la vigna,

Oh, eterno.

 

Canterò ai miei monti

che nessuno

mi parli di Dio.

 

14-03-2011

 

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