Diletta
I
Non vedi
s’illumina tutto
quando scorge Diletta,
il miraggio aspettato
e lei giovinetta ti guarda
e non usa
lasciarti o svanire.
Quanto, Diletta, mi piaci
se chiami a sera
e mi dici: ti bacio!
Non sai
il coro che lasci silente
nei miei vecchi pensieri.
Lo trasformano in carne
le ombre benigne
del sonno.
Da quale vita tu vieni?
Ti abbraccio. Mi sento
da tanto,
prima del seno materno,
in te così cara carezza.
Poca cosa l’amore,
tu musica mia.
II
Al tramonto il colle
si tinge di rosso corallo
e la sera è tesa,
tela chiara che in quiete
dipingo di te.
Che sembianze mi dai,
labbra, pelle, calore.
Non oso guardare
i tuoi occhi.
Ho caldi richiami,
sento passi felpati,
vento estivo di fieno.
T’aspetto Diletta, t’aspetto.
III
Ci tocca aspettare.
Siamo primi a provare
l’orgasmo di Dio,
mentre tutta la terra
spinge i suoni d’ognuno.
Parole in muta armonia.
Orchestro per te
la notturna infernale
ouverture
che mai sentirò.
Dio danza.
IV
Fuggiamo!
La cagna assassina
serva a pastori silvani,
odia lo spirito e attacca.
Andiamo al walhalla
dove possa condurre i miei resti.
Lascerò
i miei occhi ad un lupo,
i miei versi ad una civetta,
ché li sposti di notte.
Là saremo difesi
dall’odore dei gigli,
nati intorno alla tomba
di Odino.
Poi partirò.
V
Ho bisogno del corpo, Diletta.
Mi disse:
Non è un punto la morte,
è una trama
e, chissà, quando nacqui.
Non scrivermi addosso,
risposi.
Bastano queste parole:
nato, morto e le date.
Semmai
“Osteggiaato da chi
fu figlia
di odio e menzogna”.
VI
È parlare da spirito questo.
Diletta
ora giaci sul ciglio del ponte
e appena sussurri.
Che dici?
“Ascolta – mi disse –
nuovamente ritorni
a quel mondo?
VII
Quando una sera lontana
aprirai il cuore e la mente
a ore lontane
che esistono solo per te,
non rimpiangere più
la lontananza che è sorda.
Sono sempre lì, unica mia,
accanto all’orto incurato
e non provo
se non quell’amore
continuo, perenne per te.
23-02-2011
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