L’uomo “si possiede” fin dall’inizio. È già “contenuto” in sé.
Chi volesse negare la “sostanza” dell’individuo, cadrebbe in tante contraddizioni e, in particolare, finirebbe per negare l’esistere stesso, giacché ciò che esiste è “preparato”, una specie di “dono” che può piacere o non piacere, ma è comunque “consegnato” al destinatario, un’essenza predisposta che, a partire dallo stare al mondo, lotta fino alla morte con la vita.
Detto diversamente, l’esistenza è un progetto redatto, che ha in sé i materiali della sua realizzazione. Esso deriva da un concepimento che lo precede e, dunque, l’uomo è proprietario di “ciò che lo fa così e non lo fa essere diversamente”, se non nelle sue prospettive marginali e nel suo negarsi.
Per questo, quando si parla della sostanza dell’individuo, della sua essenza, si narra di ciò che si è e si deve essere, un ente senza libertà o libero di essere se stesso.
In condizioni favorevoli “si è ciò che si è” e la scelta è nello scegliersi, nello scoprirsi così e non diversamente.
Tutto questo comporta il fatto che ogni individuo possiede fin dall’inizio le proprie facoltà e ignorandolo, progressivamente scopre se stesso come una novità.
Tali facoltà hanno ognuna la propria stagione e si sviluppano secondo un procedere gerarchico, in cui la facoltà superiore “guida” la facoltà precedente e quest’ultima ritrova vigore nell’uso che ne fa la facoltà che amplia l’adattamento al mondo. Ognuna è un orizzonte di una struttura, la quale è contenuta in altre strutture, quasi a formare un “cono produttivo” o, meglio un “sistema”, in cui tutto va dal basso verso l’alto e viceversa e si dispone secondo le vie che trova formate e che costituiscono la struttura generale del “tutto”.
Siccome nasciamo “bisognosi”, la sensazione si dispone per prima a servire l’individuo. Il seno della madre è la sede dell’urgenza e in cui convergono il gusto, il tatto e la vista. La sensazione è perciò la più antica delle facoltà umane, che ben presto, collegandosi al nascente “sentimento”, insieme ad esso rappresentano la base della vita. Io sono perché sento. Poi mi affeziono perché ho sentito.
È ovvio che la sensazione è “materiale”, incontro di corpo con corpo, di consistenza con consistenza, ma, se questo è vero in larga misura, è bene non dimenticare che nell’individuo fin dall’inizio, come detto, sono presenti tutte le facoltà. E come la luce appare fievole e poi sempre più limpida così ogni attività, anche quelle che potremmo ora genericamente definire “razionali” o “spirituali” sono presenti, anche se in grado diverso e secondo quando la natura predispone.
Proprio il sentimento dimostrerà questa presenzialità, essendo esso uno specialissimo travaglio materiale che comincia a percorrere vie nuove. La “carica” che parte dal neonato e coinvolge le persone che gli stanno intorno “sentimentalmente”, ha dunque un protocollo di rapporto preciso: il corpo amato, ma anche l’immagine richiesta e la presenza desiderata e gratificante.
Inizia la trama di essere nel mondo con aspettative.
Il complesso si organizza e si prepara a formare una specie di bossolo, perché venga fuori il destino come un’inaspettata farfalla o che condizioni il verme a tal punto da morire verme.
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