Verso il 30 d.C. in Palestina uno sconosciuto proveniente dalla Galilea, Gesù di Nazareth, annunciò il “messaggio di speranza, di letizia e serenità” dell’avvento del Regno di Dio proclamandosi il Messia atteso da Israele.
Nella sua predicazione attaccò violentemente le due principali correnti religiose, quella dei Sadducei e quella dei Farisei, che dirigevano il Sinedrio del Tempio di Gerusalemme. Costoro cercarono di contrastarlo sul piano dottrinario in maniera diretta e in molte occasioni, senza dare alcuna testimonianza alle azioni straordinarie che lo stesso Gesù andava operando in Galilea e poi, in tutta la Palestina.
Il “solitario” Messia, in occasione della Pasqua del 33, giunse a Gerusalemme, dove fu accolto da un gruppo festante di pellegrini. In città operò prodigiose guarigioni predicando il Regno, e, in particolare, si fece promotore di disordini nel Tempio stesso, attaccando violentemente il potere commerciale e sacerdotale che a suo dire offendevano “la casa del Padre”, trasformandola da “casa di preghiera” a “covo di una banda di ladri”.
La ritorsione dei Sadducei e dei Farisei fu sproporzionata. Convocarono il Sinedrio e lo accusarono di bestemmiare contro la Legge e contro Dio. Quindi, per eliminarlo e per farlo condannare dall’autorità romana, cui erano sottomessi, perfezionarono l’accusa volutamente politica, secondo cui Gesù, in spregio all’Imperatore romano, si era proclamato “Re dei Giudei”.
Pilato, procuratore imperiale, constatò che l’accusa era inconsistente, ma preoccupato dei tumulti che i seguaci del Tempio preparavano in città, sbrigativamente lo condannò alla crocifissione secondo come richiedevano il Sinedrio e la folla ammaestrata dai sacerdoti.
Gesù morì prima della Pasqua e a causa delle solenni festività fu immediatamente messo in un sepolcro nei pressi della città dal quale il cadavere scomparve il giorno dopo la Pasqua.
I pochi seguaci ne proseguirono la predicazione e l’annuncio, ma la loro “comunità” si sviluppò tra pochi conoscenti a Gerusalemme, subendo ancora il controllo e la persecuzione da parte dei sacerdoti del Tempio.
Fu subito chiaro che il messaggio di Gesù non metteva radici in Israele, che caparbiamente restava fedele alla Legge mosaica. Perfino nei luoghi dove egli aveva compiuto portentosi “miracoli”, non restò traccia del suo messaggio: né Cana, né Cafarnao, né Naim, né Betsaida testimoniarono per il “lieto messaggio”.
Fu allora che un personaggio coetaneo di Gesù, Paolo di Tarso (5/10 d.C. – 64/67 d.C.), un fariseo ellenizzato che era anche cittadino romano, noto ai cristiani per aver perseguitato la loro comunità, promosse, a seguito di un’improvvisa conversione, una svolta decisiva nella predicazione apostolica.
Il “lieto messaggio” era certamente concepito per Israele, ma essendo stato rifiutato dagli ebrei, doveva essere “portato” a tutte le regioni vicine, anzi, a tutto l’Impero.
Nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme, Pietro, che aveva avuto il compito di dirigere e preservare la piccola comunità messianica, difese invano la vecchia pretesa di convertire prima Israele. Paolo, che già si era fatto parecchi seguaci fuori della Palestina, vinse la controversia.
Le comunità ellenistiche e “dei gentili” sembravano accogliere bene la predicazione di Gesù (il Cristo, come fu detto fuori Israele).
Non è dunque un caso che in lingua greca siano state scritte le prime testimonianze su Gesù e le Lettere paoline rivolte alle varie Chiese sorte a Damasco, Efeso (la patria di Eraclito), Tiro, ecc., che è come dire l’attuale Siria, Grecia, Turchia Cipro, ecc. fino a Roma.
Lo stesso Pietro, visti i risultati strepitosi, decise di stabilirsi a Roma, in cui i seguaci di Gesù vennero ad assumere una precisa connotazione rispetto alla numerosa comunità ebraica denominandosi definitivamente cristiani marcando sempre più l’autonomia e la contrapposizione con il sedicente popolo eletto.
A Roma sia Pietro che Paolo trovarono il martirio lasciando una Chiesa ormai forte e capace di superare le tante persecuzioni a cui vennero sottoposti da parte degli imperatori romani fino al famoso Editto di Costantino (313 d.C.).
01-09-2013
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