Andare
I
In pena andare e furtivo
nei chiari meriggi invernali
in cave ormai vuote
di vita.
Pensieri gremiti, senili,
menzionano ancora la sorte
dei figli di pane e campagna.
Andarono ricchi di fame
in mille paesi del mondo
col rosso negli occhi avviliti.
Pavidi e intrepidi cuori
rimasero qui nella piazza:
fu tutto un destino diverso:
stanate, battute esistenze;
grevi feste, orbe parole.
Ridotte man mano le stanze,
penitenti,
umide e sgombre.
Paese mio, ferito, senza pace.
II
Gli anni trascorsero uguali,
nevicò di giorno, di notte:
livellato manto di morte.
Speravo che gli Inferi sazi
tornassero ai passi
coperti
dei monti a lungo canuti.
Invece non pochi quest’anno,
seppellimmo voci di nostri.
Disperammo, umani, ma è strano
il vago,
assordante torpore
che incombe di poi
nella mente.
Marchiati da pena, alle effigi
sistemammo sguardi e parole:
“Non piangete per noi che viviamo”.
III
Per quali montagne pascete
speranze orgogliose e sapienti?
Implorate mondi lontani
o luce
che sperda la notte?
Fantasmi restiamo e mortali,
a secche sorgenti piegati
in questi emisferi avvizziti
di toni e luoghi già visti.
L’Assoluto è sempre non dire,
eppure lo Spirito è voce.
Così disse la calma ragione.
IV
Non più lo scandalo trino
che apre la terra:
sorgete!
Sorgete? Conteggio pietoso.
Damasco, la porta di Tarso,
orizzonti di santi.
Follie!
Cerchiamo segni e visioni,
impronte di noi senza corpo.
Trovammo la sola memoria
e solo frastuoni e silenzio.
Invano ripeto che venne
la Croce che dice:
Memento.
Ho urgenza di sane certezze.
V
Fatto eccelso e fatuo, la terra.
In terra arida, estrema
piantai con lena e allegria
degli alberi nuovi e frondosi.
Non diedi peso e non vidi
gli umori diversi del tempo
avverso alle case future.
Secondo i dettami dei padri,
mi ero però comportato.
Eppure,
la pace mi scansa.
Oh terra, tu prova, tu morte,
sgabello dei nostri dilemmi.
Noi non trarremo
le fiabe
lo stampo del Grande Architetto,
non albe, tramonti, rimpianti.
VI
Non vale sottrarsi all’inganno
Nera sovrana, tu non terrai
il freddo fiato e la falce,
minaccia
di colpe e cammini.
Pater,
decessit nobis malum
ad gloriam
Tecum!
VII
Silenzio vien giù come ombra
e azzanna le gravide carte,
disegni e quadri accennati.
Non sono tuttora disposto
a stare felice tra voi
che siete animali rabbiosi.
Fermerò il mio girotondo
con passi sempre più lenti,
vorrò che chiunque atterrisca.
È giusto che a tutti convenga
udire la voce
del Male
se questo è il solo rimedio:
osservare di nuovo
le cime.
Questo è tutto il mio testamento.
21-02-2011
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