Al monaco santo
Fratello,
non posso dire
niente di te.
Niente.
Guardami:
bufere di vento e di neve
hanno sempre svernato
dannose,
arruffate sul saio,
ritorte ai pensieri.
Alla brina mattiniera
fui a testa scoperta:
non potevo curare
quattro vermi futuri.
Ero un sogno,
attraverso persone
pietose di un saio
bagnato,
dei piedi intristiti
da polvere e sangue.
Fratello
a te posso dirlo:
a Dio non ho mai
creduto.
Sarà per disgusto
sarà perché tanto
mi sono sentito
stremato.
Le notti,
quando pure il silenzio
cammina
e con ira dà calci
ai cani che girano
ancora,
ho cantato nel gelo,
nel buio nebbioso.
Ho assistito a massacri,
e tutto era grida
di madri,
di figli,
di padri.
Ed erano volti sperduti,
lacrime spente
a colpi di mitra.
Il monaco
è solo,
nel sangue.
Se tu potessi gridare
alla morte:
eccomi, il santo,
che è puro,
che nutre
certezze di vita!
Oppure,
gli occhi ferini,
demone nuovo:
ho solo me stesso
e visioni di sangue!
Invece c’è Dio,
dalla barba che è finta,
a cui chiedere sempre
un atto che attesti
l’ora precisa
in cui venne nel mondo.
Oggi mi resta
stare quieto alle valli
e scrutare le eco:
“Che sai tu di me?
Tu di me?
Di me?”
01-11-2011
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