Il tempo e il destino: La ragione assassina

La ragione assassina

 

Conoscevo un’altra Voce dalla fonte certa. Era quella della Ragione Assassina che mi portavo ogni dove perché ero io il produttore. Avviliva, annichiliva, distruggeva tutto.
Gli affetti, i sentimenti, gli ideali erano il suo campo preferito per dare battaglia. E come nella guerra echeggiavano trombe per l’attacco. Suonavano: “Tutte sporche menzogne”. I fendenti terribili del Vuoto erano accompagnanti dall’urlo sadico: “Morte!!”. Alla fine, sangue e sangue e su tutto il rullare lugubre di mille tamburi. Erano incubi di guerra che avevo!
Mi preoccupavo fortemente di far tacere questa Voce e non far conoscere ad alcuno questi insani ragionamenti che non mi lasciavano vivere pacificamente.
Quando, (insidioso e disgraziatissimo quando!), mi accorsi chiaramente che questa Voce la sentivano tutti e, come me, ognuno taceva. Vedevo come ognuno possedesse infinite strategie per mentirsi. Spettacolare!
Non c’era uno solo che non sapesse che la vita era vuota, inutile, insensata; che si compisse ogni atto per stupida illusione e per infantile speranza; che ogni giorno, come un pastore matto, ciascuno vedeva aumentare il suo gregge di penose disgrazie. Un gregge che il giorno dopo portava a pascolare e da cui voleva mungere perfino latte, se non fosse stato il puzzo velenoso a distoglierlo dall’abbeverarsi.
La coscienza orientale, si dice, che abbia reso accettabile questa putredine e serenamente osserva scorrere tutto e riduce tutti i pensieri ed i fatti ad una sola categoria: l’impermanenza.
Anche su questo la mia ragione s’accaniva. Affermava che era sangue e vita nota ciò che scompariva, erano uomini e donne che perivano, tutti con un Nome e Cognome e quando la lista diventava sempre più lunga, si stagliava tanto più consistente la Permanenza del Niente, granitica, epocale.
Gli eventi passavano e le persone morivano, ma soltanto nella realtà, perché tutti restavano vivi, più che vivi nella memoria, che così diventava un enorme cimitero di ricordi e di fantasmi. E se avessi avuto un po’ di pudore, saresti restato atterrito.
Cercavo di andare avanti, secondo la mia intima forza. Occorreva farsi coraggio per affrontare la Vita. Così tentavo e cercavo di dirmi.
Proprio allora, improvvisamente, davanti a me si aprì una voragine in cui per molto non osai guardare. Poi capii che non potevo starmene come un cieco. Vidi i contorni di questo abisso. Colpiti tutti da questo Male ineludibile e non oscuro, gli uomini si procuravano danno tra di loro, con accanimento. Ecco ciò che mi si presentò.
A questo stadio sentii di non farcela più, perché compresi ben altro: che lo facevano e lo fanno non per interesse, per difesa, malvagità o quant’altro, stupidaggini che potrebbero dare una parvenza miserabile di giustificazione.
Ho principalmente sperimentato che gli uomini procurano dolore ad altri per godimento, un orgiastico godimento. Dare sofferenza, osservare la sofferenza è, nell’essenza, provare piacere. Non ci possono essere dubbi.
Ed è solo l’inizio. Quando ognuno vessato dalla natura dell’esistenza, dalla natura dei propri simili, potrebbe almeno ritirarsi, senza inutile spargimento di frasi, ti colpisce il proiettile mortale, che ti lascia senza parole: l’individuo attacca se stesso. Io attaccavo me stesso. L’uomo assediato incendia da solo la porta della sua anima. Ecco la fine!
Lo fa scientificamente, caparbiamente, coscientemente. Si aggrappa a miti sporchi e spregevoli, mascherati dalle parole: fratellanza, solidarietà, amicizia. Eppure, sa benissimo che non esistono padri, madri, fratelli, mogli, figli, compagni e via discorrendo, ma solo esseri, i quali, se la sorte è benigna, sono altri con cui si ha una tregua. E basta.
Non è lecito fare filosofia, né conviene allorché si hanno prove per affermare, per testimoniare onestamente. Anche se questo comporta ancora dolore. Tuttavia, piangere nei lutti come si faceva una volta, disperatamente, con grida insensate, è poi trovarsi con gli occhi asciutti, senza più inutili sogni. Si guarda in faccia questo triplice Ignobile Inganno con la certezza di essere caduto in piedi.
Ecco, la Ragione Assassina, come mi tormentava e ho riportato solo succintamente, per scelta, i momenti di questa battaglia.
Aspettavo che l’altra Voce parlasse e contraddittoriamente speravo, pregavo.
Là si taceva e si tacque fino al 1995, l’anno della svolta.

 

06-03-2011

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