Antropologia del cristianesimo: Sezione 1_Alle origini del cristianesimo_La mala genia

(Premessa dedicatoria)

 

In base alla mia esperienza vissuta ho verificato che raramente gli uomini mostrano una personalità ben definita. Hanno un carattere labile, mutevole, sprovveduto e agiscono secondo le circostanze e spesso in base al loro particolare umore. A volte sono contenti, soddisfatti e tranquilli, altre volte sono inappagati, agitati, afflitti.

In genere sono vanagloriosi e tracotanti, nel senso che credono di essere e di valere chissà che cosa, mentre realmente sono nulla.

Nella quasi totalità perseguono fini immediati ed è rarissimo che s’impegnino oltre il mero tornaconto personale.

Più sono stupidi e ignoranti, più sono saccenti e intolleranti. In loro c’è sempre una tempesta emozionale latente che li rende esaltati e fragili nello stesso tempo.

Non capiscono fondamentalmente la solidarietà e al posto di utilizzare le capacità di ognuno per il benessere di tutti, sono il più delle volte invidiosi, pronti a creare ostacoli agli altri per connaturato malanimo.

Nel loro privato criticano il potere ma vi aspirano con tutte le loro forze, dimostrandosi forti con i deboli e deboli con i forti.

Seguono i loro istinti nelle forme più egoistiche e mirano principalmente a “possedere”, sempre insoddisfatti, mai sazi.

La loro condizione li porta a cadere facilmente in suggestioni e non sempre possono affermare di avere cognizione della realtà. Per queste deficienze ripetono di generazione in generazione gli stessi errori e solitamente riproducono le condizioni peggiori della loro formazione, identificandosi con i fantasmi da cui sono dominati.

Non vivono. Anzi vegetano, aspettando il giorno dopo con una certezza inspiegabile.

Sembra che in loro vivano mille animali e sono un po’ sottomessi come asini, un po’ testardi come muli, seccanti come le mosche, profittatori come le iene.

Non amano la fatica della ricerca e del sapere e si accontentano di favole che li facciano protagonisti per un giorno.

Se l’uomo odierno è un prodotto infido, volgare, avvilente, non è un pio inganno credere che in passato sia stato migliore del presente?

Non saprei cosa dire, guardando la trama del male che si dispiega con continuità nella storia.

So per certo che il male non ha prevalso definitivamente, che il bene è ritornato tra gli uomini a un caro prezzo, se vogliamo, ma è ritornato.

E, confortato da ciò, ho visto proprio in questa stessa gente vuota, figlia del vento, vita sprecata che vive volentieri nella palude, spunti improvvisi di generosità, affetti imprevisti, un inaspettato mutuo appoggio. È altrettanto vero che questi momenti positivi di socialità si accentuano quanto essa è piagata da disgrazie e da malanni o si trova in balia di calamità naturali o la morte la falcia senza pietà in carestie e guerre.

Ma sono proprio questi momenti duri che prevalgono nella vita e dietro ogni atteggiamento rancoroso si nasconde un bisogno di aiuto, una richiesta che non sa esprimersi.

Sicuramente l’uomo, come spesso constato, è fatto per perseguire il piacere, la gioia, la serenità; tuttavia, da se stesso si crea trappole e ostacoli, ma poi si risolleva perché è la stessa natura che si ribella.

Su queste trappole e su questi ostacoli ho creduto che uomini eccezionali potessero insegnarci qualcosa, convinto come sono che l’umanità tutta è spinta verso strade di progresso morale e materiale proprio in quanto di tanto in tanto essi le hanno consegnato idee nuove, scoperte, innovazioni, cose stupefacenti che chiamiamo in tanti modi e che Hegel racchiudeva in un procedere, la dialettica dello spirito, che sfocia nella triade assoluta di arte, religione e filosofia.

Perciò a tanta gente mi auguro che potrebbe interessare un uomo, Gesù di Nazareth, che ha segnato il destino di secoli e discutere perché il suo messaggio non poteva attecchire né è attecchito.

Potremmo allora riscontrare perché nell’attuale società in cui tutto è mercificato, tutto spettacolarizzato, velocemente consumato, necessariamente il sacro è vissuto come moda, tanto che Gesù stesso è, di fatto, uno stranieroun muto arredoun ordinario “discorso da preti”, riferimento di un cristianesimo che è l’abito della domenica.

Ci chiederemmo se è vero che i duemila anni che sono passati dalla crocifissione di un uomo giusto siano un macigno per nutrire ulteriori speranze.

Ci racconteremo, in conclusione, di quel giovane di Nazareth, poco più che trentenne, che fu ritenuto “la voce di Dio” e a cui ancora molti non credendo dicono di credere.

Uno spazio c’è perfino per farci ascoltare su Dio, giacché la mala genia, dominata e stranita dalla storia, è da essa sottoposta a dure condizioni che forzatamente la costringono a riflettere su aspetti più alti della loro esistenza vissuta in una marginalissima parte del Tutto.

Alla fine di tutte queste considerazioni, non mi resta che dedicare il presente lavoro agli illusi, agli irriducibili, ai folli che hanno portato l’anima alla riva del fiume di nubi che dividono l’uomo da Dio.

 

 

Grimaldi 3 febbraio 2014

 

 Sez. 1 – Alle origini del cristianesimo

03-02-2014

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